Quanto ci hanno fatto divertire certi film ambientati nel Far West, in cui maldestri razziatori di cavalli ci facevano dimenticare che l’azione in sé era stigmatizzabile. Oggi assistiamo spesso a forme di razzie più sofisticate e, paradossalmente, coperte dalla legalità. Subito la storia. Una sera di pochi giorni fa, ad ora piuttosto tarda, raggiungo in macchina la piazza principale, non avendo trovato un posto in Via Navarra dove, in ore precise, è previsto il pagamento di un obolo all’ora. Decido quindi di proseguire per andare a posteggiare in un altro posto quando, improvvisamente, vedo nel tratto nord della piazza una macchina posteggiata che sta per allontanarsi. So bene che, all’inizio del tratto in questione, è ben visibile e segnalato un posto riservato ai disabili. E quel posto, in quel momento, è occupato da una macchina di grossa cilindrata. Vedendo che la macchina posteggiata davanti alla prima sta manovrando per uscire ed allontanarsi, mi fermo per posteggiare. E così faccio. Torno pochi minuti dopo e trovo sotto il tergicristallo una contravvenzione con la quale mi viene notificata la violazione di un certo articolo della normativa stradale nonché il pagamento della misera somma di 85 euro e la sottrazione di due punti (col rischio di quattro) dalla patente. Sgomento, mi giro attorno per vedere se gli autori di quella multa siano ancora nei paraggi, ma inutilmente. La prima anomalia che riscontro è l’assenza del numero dei posti riservati ai disabili, cosa che è invece visibile in un altro cartello nel tratto ovest della stessa piazza. Ma la cosa che mi ha maggiormente tratto in inganno è il fatto che lo spazio riservato ai disabili, equivalente a tre posti macchina, per ciò che riguarda la segnaletica orizzontale, ormai fortemente sbiadita, non appare assolutamente visibile, tanto più che gravita in una corposa oscurità (la situazione è ancora più critica nel tratto ovest della piazza la cui segnaletica orizzontale è praticamente inesistente). La sera successiva, sempre ad ora piuttosto tarda, torno sul luogo del delitto e, per pura coincidenza, mi capita di incontrare e fermare due pattuglie di vigili, forse anche esse incaricate di razziare quanto più possibile banconote da cinquanta euro in su (questa è la percezione che arriva al cittadino che non considera rassicurante quanto perturbante la sorveglianza delle forze dell’ordine comunali, fatto salvo il principio che debba venire fatta rispettare la legalità). Dunque, spiego a loro quanto mi è successo la sera precedente e li prego di verificare assieme a me se le condizioni in cui mi è stata accollata l’infrazione non inducessero ad infrazioni non volute. Anche loro ammettono che le condizioni in cui mi è stata appioppata la multa non sono per nulla chiare. E’ stato, nella sostanza, una sorta di processo senza la possibilità di appello e senza, perlomeno, il riconoscimento delle attenuanti. Una cosa è attraversare col rosso o ignorare uno stop, col rischio fondatissimo di causare disastri, e un’altra l’essere sanzionato per una violazione del codice della strada non voluta, indotta, semmai, da un deficit di chiarezza proprio da chi ritiene di poter inflessibilmente punire in nome di un’astratta legalità. Sa cosa ho fatto poi, sindaco? Sono immediatamente andato a pagare la multa, imponendomi questo la mia morale. Dalla sua amministrazione, sindaco, ho dunque ricevuto un altro regalo, dopo quello dei sette cani impegnati in un concorso di bellezza. Sentitamente ringrazio, soprattutto per il piacere procuratomi dalla sottrazione dei punti dalla patente.