Gela. Soldi ad usura concessi alla famiglia di un imprenditore locale sono costati la conferma della condanna anche in appello per il sessantenne Orazio Di Giacomo. Condanna confermata in appello. In primo grado, nell’aprile di un anno fa, subì una pena di tre anni e dieci mesi di reclusione. Decisione confermata anche dai magistrati della corte d’appello di Caltanissetta ai quali si sono rivolti i suoi legali di fiducia, gli avvocati Giovanni Lomonaco e Michele Micalizzi. La difesa dell’imputato ha sempre escluso la sussistenza di un presunto giro d’usura organizzato dallo stesso Di Giacomo. Una linea che, però, ha trovato solo parzialmente riscontro da parte dei giudici. I magistrati della procura gelese, in primo grado, avevano chiesto la condanna a dieci anni di reclusione. Caddero, invece, le contestazioni legati ai danneggiamenti subiti dalla famiglia che avrebbe ricevuto i prestiti a strozzo. I base alle indagini, pur di riottenere il denaro e gli interessi maturati, Di Giacomo avrebbe più volte minacciato le vittime. Dopo la conferma della condanna in appello, comunque, non verrà presentato ricorso in cassazione.
Impugnata l’assoluzione del figlio. Intanto, i magistrati della procura generale presso la corte d’appello nissena hanno impugnato l’assoluzione, decisa sempre nell’aprile di un anno fa, per il figlio di Di Giacomo, il ventinovenne Paolo Quinto. In base alle accuse, anche il giovane avrebbe avuto un ruolo nell’intera vicenda. Valutazioni, però, smentite in aula. Il collegio penale presieduto dal giudice Paolo Fiore ne dispose l’assoluzione. Adesso, il suo caso verrà nuovamente trattato in appello.