Milano. Il gelese Cristoforo Verderame fu ucciso a San Giuliano Milanese nell’ottobre di trentatré anni fa. I killer lo freddarono all’interno del piazzale di un istituto scolastico. Fu uno degli omicidi più eclatanti della guerra di mafia degli anni ’80, che era arrivata anche nelle piazze più ambite dell’hinterland del capoluogo lombardo. La vittima cercò di fuggire, ma non riuscì ad evitare i proiettili. Il niscemese Antonino Pitrolo, da anni ormai collaboratore di giustizia, ha ammesso le proprie responsabilità per quell’agguato e il gup del tribunale di Milano, in abbreviato, lo ha condannato ad otto anni di detenzione. Una pena ritenuta probabilmente eccessiva dalla difesa, che ha impugnato in appello. Il giudizio di secondo grado è stato fissato per il prossimo ottobre. I magistrati della Corte d’assise d’appello di Milano dovranno valutare la posizione del collaboratore niscemese, che nei fatti che portarono all’agguato ha tirato in ballo il boss Antonio Rinzivillo, però assolto dalla Corte d’assise milanese (è difeso dai legali Flavio Sinatra ed Eliana Zecca). In entrambi i procedimenti, i familiari di Verderame sono parti civili e rappresentati dagli avvocati Carmelo Tuccio e Giuseppe Simonetti si costituiranno nel procedimento di appello.
In primo grado, con la condanna ad otto anni imposta a Pitrolo, alle parti civili è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni e ad una provvisionale. Il collaboratore niscemese è difeso dal legale Maria Assunta Biondi.