Gela. Le banche sembravano, fino a qualche settimana fa, l’unica vera soluzione alla crisi di commesse e alla conseguente cassa integrazione straordinaria in aziende come Smim e Elettroclima, per anni impegnate nell’indotto Eni.
Senza garanzie…niente soldi. Gli istituti di credito, però, prima di anticipare le somme necessarie al pagamento degli oltre cento operai finiti al centro della vertenza, chiedono garanzie finanziarie proprio alle aziende. Insomma, senza fondi che coprano i prestiti le banche sembrerebbero pronte a fare marcia indietro e, quindi, a non anticipare le somme della cassa integrazione. Peraltro, sia i titolari della Smim che quelli dell’Elettroclima appaiono sempre più inclini a non concedere alcuna garanzia agli istituti di credito. Adesso, si rischia il fallimento della trattativa con decine di operai ancora in attesa di capire se riusciranno mai a ottenere i soldi degli ammortizzatori sociali. Le garanzie finanziarie richieste dalle banche si legano soprattutto ad un eventuale no dell’Inps all’apertura della cassa integrazione: vogliono coprirsi le spalle prima di concedere soldi freschi. A loro volta, gli imprenditori non sembrano intenzionati ad accettare. E, quindi? Chi pagherà lavoratori che potrebbero attendere anche sei mesi prima di ottenere il via libera dagli uffici dell’Inps?
Chiesto un nuovo incontro in prefettura. Una questione che sta preoccupando non poco i segretari provinciali dei metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm che adesso hanno chiesto un nuovo incontro al neo prefetto di Caltanissetta Maria Teresa Cucinotta. Un accordo analogo, tra banche e azienda, sembra profilarsi anche nel caso della cassa integrazione straordinaria, per almeno un anno, del gruppo Eurocoop. A differenza di Smim e Elettroclima, però, gli imprenditori titolari della società metalmeccanica appaiono disposti ad assicurare le garanzie finanziarie richieste dagli istituti di credito. Nei prossimi giorni, potrebbero arrivare ulteriori novità in un indotto Eni sempre più difficile da governare.