Gli sversamenti nel fiume Gela, che finiscono anche in mare aperto, non si sono mai fermati. Ad inizio settimana, un’altra chiazza, probabilmente con reflui non depurati, è finita in mare. Gela. Ad oggi, non sembrano esserci vere sicurezze sull’origine di tutto. Anche a seguito dell’ultimo sversamento, la commissione consiliare sviluppo economico ha avviato un approfondimento, facendo un resoconto. Secondo i consiglieri, bisognerebbe alzare l’attenzione. Dopo la fine del ciclo industriale degli idrocarburi di Eni, non si sono più registrate perdite riferibili al sito di contrada Piana del Signore. Arrivare alla fonte dei nuovi sversamenti, invece, sembra non essere così semplice. Ci sarebbero indagini avviate dai militari della capitaneria di porto. I consiglieri della commissione, presieduta da Rosario Faraci, sono inoltre convinti della necessità di dover individuare con precisione le sostanze immesse lungo il fiume e poi sversate in mare.
I danni ambientali sembrano evidenti e gli episodi si ripetono, nonostante del caso si sia occupata di recente anche la Commissione europea, su iniziativa dell’europarlamentare Ignazio Corrao. L’area del fiume Gela, da anni, versa in uno stato di forte degrado e troppo spesso il suo corso è stato pesantemente intaccato da fonti di contaminazione.
Ma come mai non interviene l’ARPA a tutela del territorio. Il comune può incaricare una ditta ispettiva per prelevare campioni all’atto della chiazza nera e mandarli all’ARPA per il contraddittorio con la ditta ispettiva.