Gela. Un gruppo imprenditoriale locale, con commesse di lavoro anche fuori dall’isola, venne messo in profonda crisi dai prestiti ad usura che avrebbe dovuto onorare, con tassi di interesse sempre più alti. Una vicenda che portò a provvedimenti restrittivi, ottenuti ormai diversi anni fa, dai pm della procura. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno confermato le condanne, già emesse in primo grado nei confronti di Roberto Ingegnoso e Salvatore Ingegnoso. Sarebbero stati i due imputati a mettere a disposizione le somme ad usura. Due anni e sei mesi di reclusione a Roberto Ingegnoso e due anni a Salvatore Ingegnoso. Secondo gli investigatori, il ruolo principale lo avrebbe avuto proprio Roberto Ingegnoso, sfruttando presunti rapporti di fiducia con funzionari locali di istituti di credito. La richiesta di condanna formulata dai pm, in primo grado, era stata molto più pesante, a sette anni e sei mesi di reclusione. La difesa, sostenuta dall’avvocato Flavio Sinatra, riuscì a ridimensionare le contestazioni iniziali, mettendo soprattutto in discussione la versione fornita dagli imprenditori strozzati. Emersero anche rapporti e interessi lavorativi comuni e secondo il legale degli imputati, in realtà le aziende degli imprenditori non avrebbero subito consistenti contraccolpi economici. I titolari che non riuscirono a coprire i prestiti a strozzo, sono parti civili nel procedimento e i legali che li rappresentano, gli avvocati Davide Limoncello e Giovanna Zappulla, hanno chiesto la conferma della decisione di primo grado.
Già il collegio penale del tribunale di Gela gli aveva riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni subiti. Gli imputati, dopo la decisione di secondo grado, potrebbero rivolgersi alla Cassazione. Hanno sempre respinto le accuse, negando di aver offerto prestiti ad usura agli imprenditori.