Gela. Sono una decina, soprattutto medici. Risultano indagati per la morte della cinquantottenne Vincenza Abela. La donna perse la vita un anno fa, dopo diversi giorni di permanenza all’ospedale “Vittorio Emanuele”. Arrivò al pronto soccorso, perché si erano già manifestati i sintomi, con forti dolori, anche addominali, e nell’arco della sua permanenza, finì poi in rianimazione, prima del decesso. Per i pm della procura, potrebbero esserci state delle responsabilità dei sanitari del nosocomio, che non avrebbero individuato per tempo le cause effettive che condussero al decesso. I familiari della donna morta hanno deciso di seguire il procedimento. Per acquisire ulteriori dati, è stato disposto l’incidente probatorio, che questa mattina si è concluso, davanti al gip Marica Marino. Sono stati sentiti i tre esperti, scelti dal giudice per valutare appunto le cause del decesso. I periti hanno risposto alle domande del pm Luigi Lo Valvo e a quelle dei legali di tutte le parti. Da quanto emerso, il decesso potrebbe essere stato causato da una rottura della milza, legata ad una situazione già fortemente compromessa, per una possibile patologia del sangue. Per i periti, “la morte non si poteva evitare”. Allo stesso tempo, hanno ritenuto “censurabili” le modalità diagnostiche portate avanti dai sanitari del reparto di medicina dell’ospedale. L’attenzione principale si è concentrata proprio su quanto accertato dai medici di quell’unità. Sembrano invece già escluse eventuali responsabilità di chi operava al pronto soccorso e in rianimazione.
“E’ come se fosse crollato un palazzo”, hanno precisato i periti, sottolineando che si sarebbe trattato di una “causa sopravvenuta”, praticamente impossibile da evitare, anche se gli indagati l’avessero accertata da subito. Il gip ha rimesso gli atti alla procura e toccherà ai magistrati formalizzare le loro prossime richieste, rispetto alla prosecuzione del procedimento oppure all’archiviazione.