Brescia. I finanzieri e i funzionari della squadra mobile di Brescia hanno continuato a rispondere alle domande dei difensori degli imputati, coinvolti nell’inchiesta antimafia “Leonessa”. Questa mattina, gli investigatori hanno testimoniato, davanti al collegio penale del tribunale lombardo. Secondo gli inquirenti, il nucleo gelese della presunta organizzazione, aveva scelto proprio la zona di Brescia come base logistica, chiudendo il cerchio con le compensazioni illecite e altre attività, esportate sul territorio. Non sarebbero mancate intimidazioni e minacce. La fonte principale, secondo le accuse, era quella delle compensazioni, con le consulenze di Rosario Marchese e del gruppo che lo supportava. Sono stati i militari della guardia di finanza di Brescia a ricostruire questi aspetti, mentre i poliziotti della mobile si sono occupati di risalire ad altri fatti, imputati sempre ai gelesi. Ne rispondono a processo, Rosario Marchese, Salvatore Antonuccio, Giuseppe Arabia, Antonella Balocco, Giuseppe Cammalleri, Gianfranco Casassa, Danilo Cassisi, Matteo Collura, Simone Di Simone, Angelo Fiorisi, Carmelo Giannone, Roberto Golda Perini, Giovanni Interlicchia, Corrado Savoia, Alessandro Scilio ed Enrico Zumbo. Le difese hanno incalzato i testimoni. I legali sono certi che non sia mai esistita un’organizzazione mafiosa, con base nel bresciano.
Anche sui reati finanziari e tributari, con centinaia di aziende coinvolte, vengono espresse forti perplessità. Il prossimo mese, in aula, testimonieranno alcune vittime delle intimidazioni, ricostruite dagli inquirenti, coordinati dall’antimafia bresciana, in aula con il pm Paolo Savio. Gli imputati, in questo filone processuale, sono rappresentati dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Giovanna Zappulla, Roberta Castorina, Davide Limoncello, Angelo Cafà, Maurizio Scicolone, Sinuhe Curcuraci, Vito Felici, Deborah Abate Zaro, Mauro Sgotto, Gianluca Marta, Oliviero Mazza, Desolina Ferris, Stefano Bazzani, Domenico Peila e Maurizio Basile.