Il patto d’acciaio tra i Rinzivillo e la mafia catanese, ecco i retroscena del blitz Malleus

 
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Gela.La strana alleanza tra clan gelesi e catanesi, la voglia di rinascita del clan Rinzivillo.

C’è di tutto nell’operazione Mallus della polizia che ha permesso di sgominare in clan Rinzivillo. Sono 14 le ordinanze eseguite per mafia, armi e droga, 3 i latitanti.

Gli arrestati sono:

Giacomo Gerbino, originario di Vittoria, 38 anni, Antonio Radicia, 40 ani, Ivan Angelo Casciana, 26 anni, Domenico Trespoli, 31 anni, Giuseppe Andrea Mangiameli, 39 anni, Giuseppe Placenti, 27 anni, Valerio Longo, nato a Ilden, 43 anni, Roberto Cosentino, 33 anni, Giuseppe Schembri, 34 anni.

Ordinanza in carcere per Massimo Gerbino, originario di Vittoria, 36 anni, Baldassarre Nicosia, 32 anni, Davide Pardo, 34 anni, Alessandro Pardo 34 anni, Vincenzo Florio, 35 anni.

Tre invece i latitanti.
L’indagine della Squadra Mobile e del Commissariato di polizia di Gela, coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Caltanissetta, ha inferto l’ennesimo durissimo colpo a cosa nostra gelese, clan Rinzivillo.
Il dopo Emmanuello. Dopo la morte di Daniele Emmanuello nel dicembre del 2007, la famiglia Rinzivillo era ormai predominante e Crocifisso Rinzivillo, fratello di Antonio, detenuto e che fu rappresentante del mandamento mafioso di Gela prima dell?avvento di Emmanuello Daniele, aveva assunto una rilevante posizione di potere. L’attenzione degli investigatori e della Dda nissena venne quindi focalizzata, a Gela, su cosa nostra clan Rinzivillo, e esponenti di spicco del sodalizio mafioso rinzivilliano vennero catturati, nel 2012, nell’ambito dell’operazione di polizia?Tetragona?.
Il pentimento di Rosario Vizzini. Venne catturato tra gli altri anche Rosario Vizzini, rinzivilliano di ferro che, dopo l’arresto, decise di collaborare, svelando importanti retroscena secondo cui Crocifisso Rinzivillo aveva in animo di scatenare un nuovo, definitivo, conflitto contro la fazione degli Emmanuello. Per tale ambizioso progetto, Crocifisso Rinzivillo sperava sulla scarcerazione di un uomo d?onore da sempre legato al gruppo ed a Giuseppe Madonia, quale era Alessandro Barberi, a cui affidare il compito di rifondare la provincia nissena di cosa nostra, decretando la definitiva sconfitta e scomparsa del clan Emmanuello dal panorama di cosa nostra.

Emerse che i referenti di Rinzivillo, erano Massimo Gerbino e Gaetano Smecca, il primo con ruolo più spiccatamente operativo, occupandosi del traffico della droga e delle estorsioni, il secondo con ruolo più ?meditativo?, tra altro adoperandosi per sedare ed allentare eventuali tensioni che permeavano il complesso e variegato sodalizio mafioso gelese.
Le indagini risaltarono il protagonismo criminale dei fratelli Alessandro, Davide e Rocco Pardo (Alessandro poi arrestato nell’inchiesta ?Tetragona), nonché l’importante ruolo di Roberto Di Stefano, tutti sempre in quota Rinzivillo.

Nel 2012 Roberto Di Stefano, in procinto di tornare in libertà dopo un lungo periodo di detenzione, aveva ricevuto l’incarico di riorganizzare operativamente cosa nostra gelese per ricomporne le tensioni tra le due anime, gli Emmanuello ed i Rinzivillo.
Di Stefano assunse le redini della consorteria mafiosa gelese, sia occupandosi della gestione dei traffici illeciti avvicinandosi ad Alessandro Barberi.
Roberto Di Stefano nel giugno 2013 decise di pentirsi ma nel maggio 2014 decise di interrompere la collaborazione.

Il traffico di droga. Venne confermato che il principale canale di finanziamento di Cosa nostra era rappresentato dal commercio dello stupefacente, cui erano dediti Massimo Gerbino, con ruolo apicale, nonché Davide Pardo, Giuseppe Schembri e gli altri sodali a loro sottoposti.

In tale settore era Radicia, per come emerso dalle indagini, a gestire sul territorio gelese il traffico e lo spaccio di sostanze stupefacenti insieme al suo capo Gerbino Massimo, e Schembri, Mangiameli, Nicosia, Domicoli, Casciana ed altri.

In particolare, la consorteria mafiosa dei Rinzivillo prediligeva un canale di rifornimento catanese. Cosa nostra gelese avesse stretto alleanze, anche per il traffico di droga, con clan mafiosi operanti nel catanese, legati alle consorterie dei ?Carcagnusi? e dei ?Laudani-Cappello?, storicamente legati alla famiglia Santapaola, i quali operano nell?hinterland catanese.

Il patto con i catanesi. L’alleanza con i clan mafiosi catanesi emergeva incontestabilmente nel corso di una conversazione tra Pardo Davide e suo fratello Alessandro, nella quale Davide raccontava di essere stato a Catania ad una riunione di mafia, nella quale, per poter fare affari con i mafiosi di Catania che si erano presentati come i ?Carcagnusi?, si era dovuto accreditare presentandosi loro come emissario dei Rinzivillo di Gela.
A parte il canale catanese, nelle complessive indagini si raccoglievano anche prove concrete in ordine a singoli viaggi tra il Nord ed il Sud d?Italia, finalizzati al procacciamento di consistenti quantitativi di stupefacenti.

Il traffico di armi. L’organizzazione mafiosa avesse anche disponibilità di armi, più precisamente pistole, custodite illegalmente da diversi indagati. Una di queste pistole è stata anche sequestrata.

Le perquisizioni effettuate nella prime ore della mattina, con l’ausilio di 5 pattuglie del Reparto Prevenzione Crimine di Palermo e di una?Unità Cinofila della Polizia di Stato, hanno dato esito positivo. Sono stati sequestrati complessivamente 8.000 euro in banconote di piccolo taglio, ritenuti verosimilmente provento di spaccio; nonché 2 grammi di cocaina già suddivisa in dosi.

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