Gela. Le pene sono state notevolmente riviste, al ribasso, dai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta. Si è concluso così il procedimento di secondo grado, legato all’inchiesta “Falco”. Gli investigatori ricostruirono le mosse soprattutto di Gianluca Pellegrino, ritenuto trait d’union tra gli storici associati al clan Emmanuello e le presunte nuove leve. In primo grado, il collegio penale del tribunale di Gela, emise pesanti condanne, riconoscendo anche l’aggravante mafiosa per gli imputati considerati attivi nel traffico di droga. Uno spaccato che però i giudici nisseni hanno rivisto. Per Gianluca Pellegrino, nei cui confronti erano concentrate le contestazioni maggiori, la condanna pronunciata è a ventitré anni di detenzione, ma con il riconoscimento della continuazione con pene già irrogategli in passato. Nei suoi confronti, inoltre, è stata disposta l’assoluzione per altri tre capi di imputazione. La difesa, sostenuta dall’avvocato Giacomo Ventura, anche in appello è tornata ad escludere che Pellegrino sia mai stato a capo di un’organizzazione mafiosa, attiva nel traffico di droga. Davanti ai giudici del collegio gelese, parlò di un “falco solitario”, ritornando sulla denominazione che gli inquirenti diedero all’indagine. La continuazione è stata riconosciuta anche a Giovambattista Campo, con la riqualificazione delle accuse legate al traffico di droga, riviste nelle ipotesi meno gravi. Nei suoi confronti, accogliendo la linea sostenuta dalla difesa, con l’avvocato Francesco Enia, non ha retto neanche l’aggravante mafiosa. La pena è stata ridotta a sette anni e tre mesi di reclusione, con la continuazione, rispetto ai tredici anni e otto mesi di primo grado. Tre anni, invece, sono stati imposti ad Alessandro Pellegrino, fratello di Gianluca (in primo grado erano stati dieci anni e due mesi); tre anni a Nunzio Alabiso (in primo grado erano stati quattro anni e un mese); due anni e otto mesi per Emanuele Faraci (in primo grado dieci anni e un mese); due anni e quattro mesi per Guido Legname (in primo grado sette anni e un mese); quattro anni ad Emanuele Puccio, con le circostanze attenuanti (in primo grado sei anni); due anni e sei mesi a Manuele Rolla, con la continuazione (in primo grado quattro anni e sei mesi); due anni a Melchiorre Scerra (in primo grado tre anni); due anni a Gaetano Davide Trainito (in primo grado due anni e otto mesi); tre anni ad Orazio Tosto (in primo grado tredici anni e sei mesi). Conferme sono arrivate per Rosario Perna, a due anni di reclusione, e Loreto Saverino, a tre anni. Nei confronti degli imputati che erano ritenuti pienamente coinvolti nel traffico di droga e nell’organizzazione, ci sono state riduzioni consistenti, proprio per il mancato riconoscimento dell’aggravante mafiosa e dell’esistenza di un traffico organizzato di droga. Tutte le difese hanno sostenuto l’assenza di qualsiasi gruppo impegnato nello spaccio di droga, escludendo la vicinanza a Cosa nostra.
Lo hanno ripetuto, in appello, i legali di difesa, gli avvocati Flavio Sinatra, Carmelo Tuccio, Rocco Guarnaccia, Ignazio Raniolo, Maurizio Scicolone, Raffaela Nastasi e Antonio Impellizzeri. La loro linea è stata in gran parte accolta, con la riduzione delle condanne. Per Tosto, i giudici di appello, hanno anche disposto il dissequestro di una somma di denaro, individuata nel corso delle indagini.