Gela. “Non ho mai trafficato in droga. Ho sempre lavorato onestamente”. Davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, ha parlato uno degli imputati, coinvolto nell’inchiesta antimafia “Mutata arma”. Rosario Vitale, un operaio trentenne, è stato sentito e ha risposto alle domande del pm della Dda di Caltanissetta e del suo difensore di fiducia, l’avvocato Flavio Sinatra. Per gli investigatori, il gruppo Rinzivillo avrebbe avuto grossi interessi nel traffico di droga, affidandosi ad alcuni affiliati. Già i giudici del riesame di Caltanissetta, in fase di indagine, annullarono l’ordinanza emessa nei confronti del trentenne, che lasciò il carcere. Ha spiegato di conoscere altri coinvolti nell’inchiesta, ritenuti vicini al gruppo Rinzivillo, ma solo per essere cresciuto nello stesso quartiere. Gli inquirenti approfondirono anche la disponibilità di un garage, che sarebbe poi stato utilizzato dal gruppo. L’operaio ha replicato sostenendo che quel garage, che a sua volta aveva in affitto, lo lasciò perché aveva trovato un altro posto dove parcheggiare le sue moto. Sui rapporti con un altro imputato, Massimo Castiglia, ha ribadito di averlo conosciuto, instaurando solo un’amicizia, tanto da essersi recato a Ragusa, per far visita a lui e alla moglie, che aveva da poco partorito. “Ma lui neanche c’era”, ha detto ancora. Insieme a Vitale e Castiglia, sono a processo Angelo Gagliano e Luigi Barone (difesi dagli avvocati Enrico Aliotta, Maurizio Scicolone, Giuseppe Cascino e Francesco Villardita).
Nessuno ha scelto riti alternativi, optando per quello ordinario. Un ulteriore filone processuale (che non tocca i quattro) è invece già stato sottoposto alla valutazione dei giudici di appello. Altri imputati verranno sentiti nel corso delle prossime udienze.