“Alto tradimento? Forza Italia cerchi a casa sua e rimuova le macerie di cui sono autori”

 
0

Benché la parola non debba mai essere tolta a nessuno, stile impone che si abbia anche il senso del pudore, una sorta di qualità che, in certe occasioni, ti fa fare buona figura se stai zitto.

Questa era un’ottima occasione per Pino Federico di stare con la bocca chiusa e meditare sull’accusa di alto tradimento che ha mosso a Enzo Pepe. Un tentativo di girare la frittata. Intanto, proprio Enzo Pepe gli ha dimostrato pubblicamente come il tradimento gli sia congeniale.

Intanto soffermiamoci sui fatti che contano. Pino Federico dice che Forza Italia gelese non si può permettere di fare gli errori del passato. Ma non dice chi ha commesso l’errore esiziale a cui è stato esposto il partito. Gli ricordo, se l’avesse per caso dimenticato, che noi sapevamo, perché era nelle cose, che con Pellitteri saremmo sicuramente andati a finire contro gli scogli di pascoliana memoria, e che con Lucio Greco c’erano ottime possibilità di fare il miracolo.

E miracolo sarebbe stato se Forza Italia, nelle persone che ancora incomprensibilmente la dirigono, avesse preso la decisione giusta, quella che la base con determinazione e compattezza aveva caldeggiato. Quando Enzo Pepe ricopriva il ruolo di coordinatore cittadino di Forza Italia e lavorava per dare un assetto stabile al partito, assieme ad altri importanti soggetti, lui dov’era, che faceva, quali intrighi politici tesseva, magari contemporaneamente con Crocetta e Gibiino?

Se avesse la delicatezza di mettersi per un solo momento nei nostri panni, in quelli che inopinatamente definisce traditori, probabilmente non contesterebbe il fatto che lui si è comportato come un capo barbaro che è piombato con la sua orda su un territorio che altri avevano nobilitato, col solo intento di devastarlo.

Pino Federico dice che bisogna ricostruire il partito, un partito aperto alla città che non si può permettere di fare gli errori del passato. Ricordo a Pino Federico che il partito di cui parla c’era già ed era fortemente strutturato. Ora lui e i suoi compari devono prima rimuovere le macerie di cui sono stati autori. Federico ci fa sapere che in questo momento non possono permettersi che generali, credo che l’allusione fosse soprattutto rivolta a Enzo Pepe, tornino indietro rispetto a un esercito che è pronto a fare una battaglia per poi vincere la guerra. Intanto non si capisce di che battaglia parli Federico, vista la indeterminatezza del suo linguaggio. E poi, bene che lo sappia, non c’è alcuna volontà né da parte di generali, né di eventuali truppe di voler rientrare in un posto in cui i loro polmoni non respirerebbero certo un’aria balsamica.

Pellitteri, invece, novello paladino dell’area democratica e moderata, si considera la vera alternativa tanto alla sinistra quanto al lobbismo affaristico, tanto al grillismo quanto al qualunquismo populistico, in quanto portatore dell’unica proposta seria, costruttiva e lungimirante del panorama politico gelese. Sorvolo, questa volta, sulle parole utilizzate da Pellitteri preferendo fargli sapere che, se dobbiamo dare credito alle sue trascorse scelte politiche, un po’ di scetticismo credo che ci possa venire perdonato. Mi viene in mente la curiosa quanto stupefacente filosofia di Pellitteri, al centro della quale sta il suo detto ”Meglio perdere col 7% che col 22%, cioè per un’inezia. Pellitteri si caratterizza per una strana forma di masochismo. Cosa ne pensano le sue truppe, da lui tanto decantate, mandate poi scriteriatamente allo sbaraglio? Devo dedurre che se fosse un vero generale, in base a tale filosofia, preferirebbe perdere una battaglia con 50 mila uomini caduti sul campo che perderla solo con 5 mila?

Gibiino, che come un oracolo parla nei momenti di ispirazione, ci fa sapere che Forza Italia si rinnova per affrontare con rigore le prossime sfide. Non discuto sulle qualità umane e intellettive di Gibiino, ma strateghi non ci si improvvisa, come non ci si improvvisa scultori o musicisti. Il vero stratega coglie tutti i segni e le indicazioni possibili, li valuta e poi responsabilmente decide di indicare ai suoi la linea operativa per ottenere i migliori risultati. Gibiino ha il dono di non saper, anzi, di non voler decidere. Così facendo può o no commettere errori; di certo non conquisterà mai alcun piedistallo della Storia. Che Gibiino fosse, come stratega politico, discutibile lo abbiamo appurato quando, avendo egli la prerogativa di decidere, ha preferito non farlo. Era anche quella una strategia? Se era una strategia, si è rivelata decisamente perdente.

Pertanto, dovrebbe autonomamente trarne le dovute conseguenze. Se invece di dare ascolto a sinistre sirene, avesse condiviso con la base la strategia per affrontare adeguatamente le amministrative gelesi, oggi lo stesso Gibiino avrebbe potuto presentare a Silvio Berlusconi un successo che mai potrà più avere, non foss’altro perché ottenuto nella città di Saro Crocetta. Invece, la sua decisione di cambiare, ad un certo momento, strategia decidendo di puntare tutto su Pellitteri, ha portato alla vittoria i grillini i quali, galvanizzati oltre misura, ritengono di poter ora dare l’assalto a Palazzo d’Orleans. Se a Gibiino tutto questo gli è andato bene, continui a considerarsi un vittorioso. Ma una cosa Federico e Pellitteri hanno fatto per bene: non hanno tirato in ballo la loro stella polare, Michele Mancuso. Di questo sono sinceramente grato a entrambi.

prof. Rosario Di Natale

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here