Tanti in difficoltà, appello di Di Dio: “C’è anche chi rinuncia a mangiare o a curarsi”

 
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Di Dio negli ultimi mesi ha organizzato personali iniziative per sollevare l'attenzione istituzionale

Gela. La pandemia e le misure restrittive non pesano solo su categorie molto colpite come i commercianti, che ieri hanno protestato in piazza Umberto I. Ci sono tanti, non solo disoccupati ma anche precari, che fanno fatica ad andare avanti, in questa fase così complessa della città. Lo spiega un operatore sociale, Marco Di Dio, che ha scritto una lettera aperta, richiamando alle proprie responsabilità soprattutto politica e istituzioni locali. “Pur rispettando le persone, non posso che essere rammaricato da questo clima rovente, nel quale si pensa a tutto tranne che alla tremenda mancanza di prospettive lavorative per tanti giovani, alle attività economiche ridotte allo stremo, ai tanti adulti o padri di famiglia senza occupazione e con molte incognite per il futuro. È una tristezza unica, un quadro desolante, in cui chi ha qualche risparmio (ed è più fortunato) tira a campare, mentre chi non possiede nulla (e magari non ha avuto la possibilità di accedere al reddito di cittadinanza) – scrive Di Dio – rimane solo e disperato. Allora, a fronte di tanta precarietà, chiedo al sindaco e a questa amministrazione comunale di ascoltare il grido dei gelesi, che continuano a pagare tasse, a chiedere prestiti o a rimandare tutto, anche rischiando di trascurare la propria salute. La realtà è davvero tragica, silenziosa, statica. Gela non può più aspettare e nessun politico può voltare il capo dall’altra parte e far finta di niente. Prima dei progetti e delle strette di mano, ci sono le persone, i volti e le loro drammatiche storie di fame e desolazione. Non è possibile rinviare tutto, bisogna agire subito per il bene dei cittadini, i quali aspettano risposte concrete e utili”.

Molti non riescono più a rispettare gli impegni finanziari né a coprire i debiti. Senza lavoro e senza grandi prospettive, il futuro è senza una vera traccia. “C’è la necessità di creare una rete solidale, fatta non solo di confezioni di pasta o barattoli di pomodoro, ma di attenzione empatica e urgenze serie. Non è giusto che la gente paghi bollette salate in assenza di lavoro. E’insopportabile accettare che uomini e donne di questo territorio rinuncino a mangiare o a curarsi. Il sindaco si faccia carico di tali responsabilità con adeguato zelo costante, così come i consiglieri. È il momento di intervenire – scrive ancora Di Dio – il tempo dei caffè e degli aperitivi sotto l’ombrellone è finito per tutti. Ora si cerchi una risposta unica, con lavoro, aiuti concreti e sguardi vigili verso la città. La mia è una semplice voce, piccola e forse insignificante, ma è la voce di un uomo che non può più sopportare, anche in qualità di operatore sociale, silenzi e lacrime. È giusto pagare, ma in presenza di uno stipendio e di una tranquillità personale che, al momento, vedo davvero per pochi. Lottiamo per Gela. Non abbandonate nessuno, per favore”.

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