Gela. “Abbiamo scelto di vivere da eremiti per stare con Dio. Il tetto di quella casa abbandonata lo realizzammo solo per avere un riparo. Non sapevamo di dover chiedere autorizzazioni”. “Non sapevamo delle autorizzazioni”. Due giovanissimi frati sono finiti a processo davanti al giudice Ersilia Guzzetta con l’accusa di aver edificato abusivamente. Al centro dei controlli, finì una vecchia abitazione rurale scelta dai due durante la loro permanenza tra le campagne della zona. “Per mesi – hanno spiegato in aula – abbiamo vissuto all’interno di grotte. La nostra è una vita austera dedicata solo a Dio. Il tetto ci avrebbe permesso di ottenere un riparo”.
I controlli della soprintendenza. I controlli, però, scattarono dopo la segnalazione di alcuni esponenti di associazioni ambientaliste: la zona, infatti, ricadeva sotto i vincoli imposti dalla soprintendenza ai beni culturali di Caltanissetta. “Non abbiamo beni materiali né avevamo interesse ad appropriarci di quella struttura – hanno continuato – furono i proprietari a metterci a disposizione il materiale per il tetto. L’abbiamo ripulita per creare una piccola cappella e destinarla a Dio”. Adesso, però, devono rispondere alle accuse. Intanto, il loro difensore, l’avvocato Rocco Guarnaccia, ha già sollevato il riferimento alla tenuità dei fatti chiedendo un verdetto d’assoluzione per i giovani eremiti che si sono congedati augurando “pace e bene!” a tutti i presenti in aula.