Gela. Nove anni di reclusione a Giuseppe Rinella e sette anni e cinque mesi al figlio, Simone. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno confermato la decisione, lo scorso anno emessa dal gup del tribunale di Gela. Padre e figlio rispondevano del tentato omicidio di un rivale, affrontato e colpito, in centro storico, usando anche un martello da fabbro. Non sono state accolte le ragioni sintetizzate nei ricorsi avanzati dai legali di difesa, gli avvocati Cristina Alfieri e Filippo Spina. I difensori, così come i due imputati, hanno sempre messo in discussione diversi particolari della versione fornita dalla vittima dell’aggressione, che poi venne sottoposto ad un delicato intervento chirurgico, dopo essere stato colpito anche alla testa. Il ferito si è costituto parte civile, con il legale Filippo Lo Faro, che ha sostenuto la conferma della decisione di primo grado. I legali dei Rinella, tra le altre cose, hanno spiegato che il rivale, successivamente, iniziò a minacciare gli imputati, anche quando si trovavano in carcere. Fu inviata almeno una lettera minatoria. Gli imputati hanno sempre spiegato di essersi difesi, per evitare di essere aggrediti dal rivale.
Due complici, che secondo le accuse avrebbero fatto da palo per coprire padre e figlio, sono attualmente a processo davanti ai giudici del collegio di Gela. Furono i carabinieri a ricostruire la vicenda, verificando le immagini dei sistemi di videosorveglianza ma anche sulla base delle dichiarazioni rese dal ferito.