Gela. Sedici condanne e oltre centoquaranta anni di detenzione. La pronuncia del gup del tribunale di Caltanissetta risale ad inizio gennaio. Sono state depositate da poco le motivazioni della sentenza relativa al procedimento anti-mafia, scattato a seguito dell’inchiesta “Stella cadente”. Per i pm della Dda di Caltanissetta, la stidda si era riorganizzata, sotto il comando dei fratelli Di Giacomo. La pena più pesante, a ventidue anni e un mese di reclusione, è stata emessa nei confronti di Bruno Di Giacomo. Secondo gli investigatori, era lui a tirare le fila degli stiddari, interessati al controllo di alcuni comparti economici, soprattutto nel settore delle forniture agli esercizi commerciali. Sono state ricostruite estorsioni e azioni intimidatorie. L’organizzazione avrebbe avuto la disponibilità di armi e di covi dove collocarle. A Di Giacomo erano contestati tredici capi di imputazione ed è stata riconosciuta la continuazione. L’assoluzione è stata formalizzata solo per un capo, relativo al possesso di un’arma. Il gup inoltre ha condannato a quattordici anni di detenzione a Alessandro Scilio, sempre con il riconoscimento della continuazione. Nei suoi confronti erano contestati nove capi di imputazione, anche se al tempo stesso era parte civile e gli è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, per alcuni fatti imputati a Di Giacomo. Tredici anni e otto mesi di detenzione sono stati decisi per Gaetano Marino, che però non è stato riconosciuto promotore del gruppo attivo nel traffico di droga. Dodici anni e due mesi di detenzione è la pena imposta ad Emanuele Lauretta. Nove anni e sei mesi a Giuseppe Alessandro Antonuccio. Nove anni e due mesi ciascuno per Andrea Romano, Filippo Scerra e Gianluca Parisi. Sei anni e sei mesi di detenzione per Giuseppe Giaquinta e cinque anni e undici mesi a Giuseppe Antonuccio, Rosario Marchese e Gaetano Simone. Quattro anni e cinque mesi per Nicola Palena; quattro anni al collaboratore di giustizia Giovanni Canotto, che con le sue dichiarazioni ha fornito elementi alle indagini; due anni e otto mesi a Calogero Infurna, assolto solo dal capo relativo al possesso di un’arma; due anni e quattro mesi a Luigi D’Antoni. Tutte le difese hanno optato per il giudizio abbreviato. Il gup ha riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite, il Comune (con l’avvocato Ornella Crapanzano), la Cgil (con il legale Rosario Giordano), la Federazione antiracket (con l’avvocato Mario Ceraolo), tre esercenti che sarebbero finiti nel mirino degli stiddari (rappresentati dall’avvocato Valentina Lo Porto), l’ambulante Saverio Scilio (con l’avvocato Alessandra Campailla), Alessandro Scilio (rappresentato dall’avvocato Davide Limoncello) e ancora Rocco Di Giacomo, a sua volta imputato nel giudizio ordinario e difeso dal legale Antonio Gagliano.
Nelle motivazioni, il gup Alessandra Maira ha ricostruito le vicende interne all’organizzazione, riconoscendo il ruolo di tutti gli imputati. Le difese proporranno appello, nel tentativo di ribaltare la decisione di primo grado. Altri coinvolti sono a processo davanti al collegio penale del tribunale di Gela, dopo che i pm della Dda nissena hanno chiesto e ottenuto il giudizio immediato. L’inchiesta si è protratta per anni e ha avuto inizio dopo la scarcerazione di Bruno Di Giacomo. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Davide Limoncello, Giovanna Cassarà, Francesco Enia, Cristina Alfieri, Laura Caci, Rocco Guarnaccia, Maurizio Scicolone, Giovanna Zappulla, Ivan Bellanti e Rocco Di Dio.