Gela. Ferite profondissime che gli costarono l’asportazione della milza e di una parte dell’intestino.
Venne chiamato per un’emergenza. Adesso, un operaio trentenne, in servizio per conto del gruppo Enimed, chiede un risarcimento da oltre 100 mila euro all’azienda che gestisce le polizze assicurative per conto del colosso energetico del cane a sei zampe. L’incidente si verificò l’8 luglio di tre anni fa. Venne travolto da un’auto mentre, in sella alla sua moto, Kawasaki Z 1000, si recava sul posto di lavoro, chiamato per un’emergenza. L’impattò, avvenuto in via Salerno, fu violentissimo e l’operaio venne trasferito d’urgenza all’ospedale “Vittorio Emanuele”. Adesso, il suo legale di fiducia, l’avvocato Ivan Bellanti, ha impugnato il contratto assicurativo che riguarda tutti i dipendenti del gruppo Eni in città. Stando al legale, infatti, il risarcimento spetterebbe di diritto all’operaio perché ferito mentre cercava di raggiungere il posto di lavoro a causa di un’emergenza tra gli impianti. Il contratto prevederebbe un’indennità ulteriore in favore di tutti quei dipendenti vittime d’incidenti sul lavoro in presenza di emergenze riscontrate dai tecnici dell’azienda. Una linea completamente contestata dai legali del gruppo Eni e da quelli della compagnia assicurativa che hanno sempre negato l’interpretazione portata avanti dal lavoratore e dal suo rappresentante legale.
La clausola contestata. Così, il caso è arrivato davanti al giudice Vincenzo Di Blasi che avrà il compito di valutare l’intera documentazione e emettere una decisione sul caso. Per questo motivo, il legale che assiste il dipendente vittima dell’incidente è riuscito ad ottenere una copia del contratto e ha avviato l’azione legale. In totale, l’indennità che dovrebbe essere riconosciuta alla vittima del sinistro si ferma a quota 105 mila euro. Il procedimento civile ha già preso il via, dato che nessun accordo è stato raggiunto tra le parti. Dopo lo schianto verificatosi proprio lungo il tratto di strada che avrebbe consentito all’operaio di raggiungere il posto di lavoro e prendere servizio per affrontare l’emergenza tra gli impianti, la riabilitazione fu molto lunga e complessa. L’asportazione di una parte dell’intestino costrinse il giovane lavoratore a convivere con un sistema sostitutivo e a non poter riprendere il servizio per diversi mesi. I periti che lo sottoposero ai controlli di verifica accertarono quote d’invalidità fino al novanta percento. Spetterà al giudice, davanti al quale la causa è stata incardinata, valutare il caso e pronunciare una decisione. Tutto sembra ruotare intorno all’interpretazione di una clausola contrattuale che richiama le attività svolte tra gli impianti in caso di emergenze nel ciclo produttivo e l’eventuale verificarsi di un incidente. In ballo, c’è un risarcimento sicuramente pesante, almeno dal punto di vista dell’importo economico, e la possibilità che si crei un precedente giurisprudenziale applicabile ad altri casi analoghi. La decisione, comunque, dovrebbe arrivare nei prossimi mesi.