Gela. Una morte ritenuta sospetta perché collegata ad un’eredità da più di cento milioni delle vecchie lire.
I sospetti lanciati dai parenti. Adesso, però, è arrivata l’assoluzione per tutti i componenti di un unico nucleo familiare. Erano finiti a giudizio dopo la denuncia sporta nei loro confronti dalla donna che aveva ottenuto l’intero lasciato dall’anziano defunto. Secondo i parenti più stretti, però, qualcosa non sarebbe andata per il verso giusto. Strani lividi sul corpo dell’anziano li spinsero ad accusare la donna, a sua volta legata da rapporti di parentela e, nell’ultimo periodo, molto vicina al pensionato. Le pesanti ombre lanciate in sua direzione la convinsero a denunciarli per calunnia. In primo grado, nove imputati, tutti difesi dagli avvocati Paolo Cafà e Maria Cristina Insulla, vennero condannati a due anni di reclusione con pena sospesa. Verdetto ribaltato dai giudici della corte d’appello di Caltanissetta che hanno deciso per la loro assoluzione. La donna accusata, invece, si è costituita parte civile con l’avvocato Maurizio Scicolone. Sono stati i legali degli imputati ad impugnare il verdetto di primo grado contestando la sussistenza degli elementi che potessero giustificare l’accusa di calunnia. I loro dubbi sarebbero stati alimentati dalla presenza di alcuni lividi sul corpo senza vita del pensionato, al punto da spingerli a chiedere maggiori approfondimenti.