Un nuovo “virus” contagia le famiglie italiane. Da Nord a Sud, passando per il Centro. Si chiama “imprinting educativo”, e non c’è mascherina che tenga. Trattasi di assoluta emergenza sociale e, appunto, educativa: riguarda le giovani generazioni, quelle che i genitori hanno abbandonato e che gli adulti competenti hanno smesso di seguire nel loro percorso di crescita. Giovani soli, privi dei tradizionali punti di riferimento, che hanno imparato ad apprendere orizzontalmente, cioè dai coetanei, e non più verticalmente, ovvero dai genitori e dai vari adulti di riferimento. Vale a dire quelle figure che da sempre hanno popolato l’universo dei ragazzi, li hanno supportati e presi per mano, guidati alla meta, la maturità. Un’assenza grave, pedante, quella dei genitori, figli di una società sempre più “orizzontale”, per dirla con Luigi Zoja, dove i giovani senza adulti si abbeverano alle fonti spesso scorrette, a volte traboccanti di esempi negativi dei pari età e dei ragazzi più grandi, che seguono per imprinting, come fanno i neonati di uccelli e di mammiferi verso i genitori o nei riguardi di surrogati di questi. Già, i surrogati, che nel caso dei non umani sono dei sostituti: a volte altri animali, in casi limite anche cose in movimento. Un percorso al buio per tutti, e pericoloso, perché niente e nessuno può sostituirsi alla famiglia, sia nel mondo animale, soprattutto in quello degli uomini. Dove ai giovani senza genitori e adulti non rimane che affidarsi ai coetanei per apprendere ed imparare. Si affannano ad abbracciare l’”eroe” negativo visto che gli ”eroi” del nulla, cioè il padre e la madre sono assenti, evaporati, negativizzati. Attenzione. Senza padre non ci possono essere e non ci sono i principi di responsabilità e di giustizia. Principi spesso “sostituiti” dalla violenza e dal disprezzo verso regole, norme, leggi. Senza madre non ci può essere e non c’è affettività, empatia, amor proprio e verso gli altri. Senza genitori c’è il nulla educativo. Anzi, l’”imprinting educativo”, tecnicamente parlando. Un fenomeno in netta, veloce espansione. Che riguarda tutti i ceti sociali. Anche quelli dove un tempo solo di rado si registravano casi di giovani aggressivi, violenti, bulli a scuola e nel sociale. I quali vivevano e crescevano esclusivamente in famiglie traboccanti di situazioni di disagio sociale, economico e culturale. Oggi non è più così. Al presente i giovani aggressivi, cinici e crudeli, in una parola bulli, appartengono per lo più a nuclei famigliari dove non mancano cultura, soldi e rappresentatività sociale. Famiglie benestanti, come si diceva una volta. Ma assenti, come si dice oggi. Adulti che hanno intrapreso e consolidato il cosiddetto “abbandono educativo”, cioè hanno rinunciato ad educare figli, studenti, nipoti. Verso i quali, al massino, sogliono porsi in simmetria, cioè alla pari, li trattano come fossero amici, compagni di scuola e di merende. Grave, anzi gravissimo errore educativo, fonte ed origine del dilagare dei fenomeni di aggressività giovanile autodiretta ed eterodiretta. Risultato, centinaia, migliaia, piccoli eserciti di giovani apprendono la violenza orizzontalmente, senza esserne stati in contatto a casa, gli è bastato averla intercettata a scuola, in strada, per i locali, allo stadio. Sono quelli che attaccano il diverso nella realtà e nei social. Sono gli stessi che con i loro comportamenti irresponsabili hanno contribuito al diffondersi della terza ondata del Covid 19. A Milano, a Roma, in Sicilia, dappertutto. Non rispettano le regole, verso le quali provano disprezzo e assoluto disinteresse, vivono di atteggiamenti paramafiosi, che nutrono con la violenza verbale e fisica.
Imprinting educativo”. Che a Vittoria, la mia città, si vede e quasi si tocca con mano nei principali snodi viari, dove l’aggressività verbale dei giovani (ed anche dei meno giovani) si traduce nella guida di auto veloci senza limiti, sprezzante delle regole del codice della strada. Un’aggressività manifesta, pericolosissima e poderosa, che da tempo deborda nelle strade cittadine e che ha fatto diverse vittime innocenti, bambini che si trovavano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Sacrifici immani che non sono serviti a niente, o quasi. Tutta colpa delle famiglie? Non solo. La città, nello specifico, paga errori politici ed amministrativi del passato e del presente. Tanto è vero che la aggressività giovanile non si vede solo in strada, la si può intercettare a scuola, nella realtà di tutti i giorni, nelle tecnologie. Occorre intervenire. Chi mi conosce sa perfettamente come la penso, bisogna ripartire dalle famiglie. Sollecitarle a tornare ad educare i figli. Consegnare ai genitori le moderne abilità pedagogiche e tecnologiche per tirare su le giovani generazioni. La Asp di Ragusa, in tal senso, è già parecchio avanti con il progetto, unico in Italia, per un “Pronto soccorso pedagogico”, che mi onoro di coordinare. Bene, ma serve ancora altro. Almeno per Vittoria. Dove è tempo che istituzioni, partiti politici, chiese, agenzie e scuole di buona volontà scendano in campo all’unisono a fianco delle famiglie e dei giovani con progetti seri, concreti, di immediata fattibilità e soprattutto scevri da certa insulsa autoreferenza e da quel tragico comico narcisismo che ha caratterizzato certi, ultimi interventi istituzionali. Serve molto altro. E non solo a Vittoria. Il virus dell’”imprinting educativo” non conosce confini territoriali né aspetta altro tempo. Corre. E contagia sempre più giovani.
Dr. Giuseppe Raffa, pedagogista, coordinatore ambulatorio antibullismi Asp Rg