Gela. “Carmelo Billizzi mi confidò in carcere che bisognava farla pagare a Rosario Collodoro. Io dovevo parlargli appena fossi uscito”.
Venne incastrato? A deporre davanti al collegio presieduto dal giudice Paolo Fiore è stato un ex esponente del gruppo di cosa nostra, molto vicino allo stesso Billizzi con il quale condivise anche periodi di detenzione. Lo ha fatto nel corso del dibattimento che si sta celebrando ai danni proprio di Rosario Collodoro, accusato di favoreggiamento alle organizzazioni mafiose in relazione all’omicidio dell’allora sedicenne Fortunato “Giannino” Belladonna. L’imputato era amico del giovanissimo bruciato vivo nella zona dell’attuale bretella stradale Borsellino. Stando alle accuse, avrebbe omesso di raccontare particolari salienti delle ore che precedettero l’esecuzione del giovanissimo, lasciandolo nelle mani dei suoi carnefici. Accuse sempre respinte da Collodoro e dai suoi legali di fiducia, gli avvocati Salvo Macrì e Delfino Siracusano. In realtà, secondo la linea di difesa, Billizzi, intanto diventato collaboratore di giustizia, avrebbe accusato Collodoro solo perché aveva scelto di vivere insieme all’ex moglie di suo fratello. Una ripicca, quindi, con l’obiettivo di far ricadere una parte della responsabilità di quella terribile esecuzione proprio sull’imputato. “Ne sono sicuro – ha proseguito il testimone chiamato a deporre davanti al pm Luigi Leghissa – Billizzi era molto arrabbiato e aveva preso di mira proprio Collodoro”. L’imputato, inoltre, è già stato assolto da precedenti accuse relative all’omicidio Belladonna del quale si autoaccusarono lo stesso Carmelo Billizzi e Gianluca Gammino. La decisione, adesso, potrebbe arrivare alla prossima udienza dell’8 luglio.