Gela. I poliziotti del commissariato e quelli della mobile di Caltanissetta, cinque anni fa, scoprirono una vasta piantagione di marijuana tra alcuni terreni di contrada Bulala. Furono sequestrate circa mille piante e c’erano inoltre quaranta chili, già essiccati. Le manette scattarono per tre braccianti, padre e due figli. Alla fine, solo uno dei figli patteggiò la condanna, dopo essersi assunto la totale responsabilità dell’avvio della coltivazione illegale. Il padre e il fratello, il trentaquattrenne Giuseppe Giannone, furono assolti dal gup del tribunale. I tre, dopo il blitz tra le serre, vennero arretati e rimasero detenuti. Giuseppe Giannone, a seguito dell’assoluzione, si è rivolto nuovamente ai giudici, che gli hanno riconosciuto il risarcimento per ingiusta detenzione. Nonostante fosse allo scuro dei piani del fratello, fu ugualmente arrestato e rimase recluso per circa diciotto giorni. I giudici del riesame, su ricorso del suo legale, l’avvocato Salvo Macrì, disposero la scarcerazione. Lo stesso difensore, a conclusione della vicenda, ha azionato la procedura per il risarcimento. I giudici, negli scorsi giorni, hanno spiegato che quella patita dal bracciante trentaquattrenne fu “ingiusta detenzione”. Gli è stato riconosciuto un risarcimento da circa seimila euro.
Fin dall’inizio spiegò di non sapere nulla della coltivazione di marijuana, ma venne ugualmente arrestato e trasferito in carcere insieme al padre, a sua volta poi assolto, e al fratello che invece ammise tutto e patteggiò la condanna a due anni di detenzione.