Incidente all’impianto di imbottigliamento, operatore ferito: cinque a processo

 
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Gela. Ci furono delle modifiche tecniche apportate alla “giostra” dell’impianto di imbottigliamento della raffineria Eni. Secondo i pm della procura, gli interventi sul sistema lo avrebbero reso poco sicuro, favorendo il grave incidente che ferì un dipendente, parte civile nel procedimento, assistito dall’avvocato Rocco Guarnaccia. Fu l’operatore a denunciare i fatti e gli accertamenti ispettivi vennero effettuati diversi mesi dopo l’incidente, verificatosi quattro anni fa. Ieri, davanti al giudice Miriam D’Amore, sono stati sentiti uno dei poliziotti che si occupò delle indagini e un ispettore dello Spresal. Furono sequestrati “tre joystick” e gli accertamenti vennero effettuati sul sistema usato nell’impianto. La prognosi per il lavoratore fu di trecento giorni e anche dopo il rientro in impiannto avrebbe notato diffidenza nei suoi confronti. I testimoni hanno risposto alle domande del pm Tiziana Di Pietro, a quelle della parte civile e dei legali dei cinque imputati, gli avvocati Nicoletta Cauchi, Carlo Autru Ryolo e Gualtiero Cataldo.

Dei fatti rispondono responsabili dell’impianto e il medico in servizio in raffineria. Si tratta di Giuseppe Scifo, Nicola La Cognata, Rocco Mendola, Antonio Damaggio e Maria Rosa Martire. Al medico viene contestata l’omissione nelle comunicazioni sull’incidente subito dall’operatore. In giudizio, come responsabile civile, c’è anche la società Raffineria di Gela. Le difese hanno però sottolineato come il sistema fosse stato realizzato e installato da un’azienda esterna e non da Eni. Escludono irregolarità nelle attività svolte nell’impianto. L’operatore rimasto gravemente ferito verrà sentito nel corso della prossima udienza.

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