Gela. Avrebbero fatto parte del gruppo di Stidda retto dal presunto boss Emanuele Palazzo. Per questo motivo, il pubblico ministero della Dda di Caltanissetta Raffaella De Pasquale ha chiesto di condannare Carmelo Curvà e Ettore Nobile.
Quindici anni di reclusione per il primo; dieci per il secondo. I due imputati finirono, insieme ad altri presunti affiliati, al centro dell’inchiesta “Agorà”. Il punto di riferimento per gli affari dei nuovi stiddari sarebbe stata la zona di piazza San Francesco. “A conclusione dell’attività istruttoria – ha spiegato in aula il pubblico ministero – sono emersi frequenti contatti tra Curvà, Nobile e Palazzo. Peraltro, è da tempo confermata l’esistenza di una famiglia di stidda che faceva riferimento anche ai fratelli Simone e Davide Nicastro”. Secondo le accuse, il gruppo avrebbe preso di mira diversi obiettivi nel tentativo di metterli sott’estorsione. Gli altri indagati sono già stati sottoposti ad un procedimento penale parallelo, giunto fino al grado d’appello. Le richieste dell’accusa sono state formulate davanti al collegio presieduto dal giudice Paolo Fiore, affiancato dalle colleghe Silvia Passanisi e Ersilia Guzzetta. Prima della requisitoria conclusa dal magistrato, Carmelo Curvà ha voluto rilasciare dichiarazioni spontanee, escludendo qualsiasi coinvolgimento e lanciando dubbi sull’attendibilità dei collaboratori di giustizia che lo accusano. Gli imputati, in base all’esito delle indagini, avrebbero avuto un ruolo importante nel giro di droga organizzato dal gruppo Palazzo. Adesso, spetterà alle difese, rappresentate dagli avvocati Flavio Sinatra e Nicoletta Cauchi, replicare alle contestazioni mosse agli imputati. Il giudice Fiore ha scelto di rinviare all’udienza del prossimo 24 giugno. In quell’occasione dovrebbe arrivare la decisione.