Gela. Una serie di presunti prestiti ad usura ha fatto scattare il processo, davanti al collegio presieduto dal giudice Paolo Fiore, per i fratelli Roberto e Salvatore Ingegnoso insieme a Onofrio Celona e Concetta Di Pietro.
La testimonianza di un imprenditore. “La mia azienda d’installazioni tecnologiche – ha spiegato in aula una delle presunte vittime del giro di prestiti a strozzo – riusciva a fatturare annualmente fino a un miliardo delle vecchie lire. Dal 2003, però, iniziai ad avere problemi di liquidità. Molti grossi clienti non pagavano e, di conseguenza, non riuscivo a coprire tutti i costi. Proprio in quel periodo, conobbi Roberto Ingegnoso. Normalmente, i prestiti che mi concedeva venivano garantiti con assegni che io stesso gli consegnavo. La mia attività venne distrutta. Solo negli ultimi anni, ho ripreso a lavorare con regolarità dopo avergli pagato fino all’ultimo centesimo”. L’imprenditore parte offesa, assistito dall’avvocato Davide Limoncello, ha risposto alle domande rivoltegli in aula dal pubblico ministero Lucia Lotti e dai legali di difesa. Gli imputati, invece, sono rappresentati dagli avvocati Flavio Sinatra, Rocco La Placa e Antonio Impellizzeri.
Tassi fino al dieci percento. Proprio uno dei difensori, l’avvocato Flavio Sinatra, ha posto una serie di domande all’imprenditore tese a meglio delineare il ruolo dei fratelli Ingegnoso nell’intera vicenda. La linea di difesa, infatti, fa leva sulla sussistenza solo di rapporti commerciali che nulla avrebbero a che spartire con l’usura. Lo stesso imprenditore ha confermato di aver venduto un immobile di sua proprietà e di aver chiesto ulteriori prestiti ai familiari pur di poter ripagare quanto concessogli con tassi che potevano arrivare fino al dieci percento. Una descrizione che è stata confermata anche da uno degli ex titolari di un’azienda edile che avrebbero ricevuto prestiti agli stessi tassi d’interesse. A far emergere il presunto giro d’usura furono gli agenti di polizia del commissariato e i militari della guardia di finanza, coordinati proprio dai magistrati della procura.