Gela. Potrebbe concludersi con una mediazione civile tra la famiglia e i vertici dell’Asp la vicenda scattata dopo la morte, nel dicembre di tre anni fa, di un cinquantottenne. C.M. arrivò all’ospedale Vittorio Emanuele con una profonda ferita alla testa, causata da un incidente sul lavoro. L’uomo era impegnato tra i campi. In compagnia del figlio, raggiunse la struttura ospedaliera. Il medico di turno al pronto soccorso lo sottopose per due volte ai controlli tramite tac. Proprio durante la seconda verifica, il bracciante venne colto da malore e morì. Inutili furono i primi soccorsi prestatigli dai rianimatori. Una morte ritenuta sospetta dai familiari che presentarono denuncia. Così, scattarono tutti gli accertamenti tecnici disposti dai magistrati della procura, compresi quelli relativi all’idoneità degli interventi effettuati dai sanitari in servizio, durante quelle ore, al nosocomio di Caposoprano. La famiglia chiede un risarcimento economico in denaro sia per i danni patrimoniali che per quelli morali subiti. Nessuno, infatti, avrebbe immaginato che la ferita alla testa potesse costringere a dire addio all’uomo. Davanti alle richieste giunte dai familiari, è già stato attivato un organismo di mediazione privato che avrà il compito di valutare le posizioni espresse da entrambe le parti. Proprio gli uffici dell’Asp hanno disposto la nomina di un legale di fiducia che possa seguire l’intero iter di mediazione. In caso di accordo, la famiglia del bracciante potrebbe rinunciare a proseguire il procedimento, almeno sul fronte civilistico. Dopo il decesso, i magistrati della procura aprirono un fascicolo d’indagine inserendo i nominativi dei medici di turno, impegnati nel servizio quando il cinquantottenne arrivò al pronto soccorso del Vittorio Emanuele. Qualora si raggiungesse l’accordo, sarà la compagnia assicurativa che copre l’Asp a garantire i pagamenti previsti in favore delle parti danneggiate.