La “storia” del 416 bis e quella dell’isola, avvocati e magistrati a confronto

 
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Gela. Avvocati e magistrati a confronto sui tanti aspetti di una norma, quella contenuta nell’articolo 416 bis del codice penale, che di fatto ha anche cambiato i metodi giuridici di contrasto al fenomeno mafioso. Il dibattito, tenutosi lunedì in videoconferenza, ha tratto spunto dall’ultimo saggio dell’avvocato palermitano Alfredo Galasso. “La mafia che ho conosciuto”, attraverso un excursus storico dei principali processi alle organizzazioni mafiose siciliane, consente di tracciare quasi una cronistoria dell’isola. Ne hanno discusso lo stesso autore, che spesso ha sostenuto la parte civile nei principali giudizi scaturiti da maxi inchieste antimafia, l’avvocato Giacomo Ventura (che presiede la Camera penale “Eschilo”), il legale Licia D’Amico (parte civile tra gli altri dibattimenti anche in quello ribattezzato “Mafia capitale”) e il procuratore capo Fernando Asaro. La discussione è stata coordinata dai legali del Consiglio dell’ordine. Galasso, nel suo lavoro, non ha dimenticato di citare il ruolo di magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che ha personalmente conosciuto.

Oltre a processi che hanno contribuito a far emergere la presenza mafiosa, anche fuori dall’isola, tra i casi citati c’è quello di uno degli ormai storici giudizi di mafia incardinati davanti ai giudici del territorio, scaturito dall’indagine “Munda mundis”. Quanto stabilito con l’articolo 416 bis, nel corso del tempo, ha trovato attuazione anche in contesti nei quali sembrava quasi impossibile giungere all’affermazione dell’esistenza di organizzazioni criminali, strutturate sul modello di quelle locali e siciliane.

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