Gela. Ventuno milioni di euro di compensazioni illecite, tutte partite dallo sportello di Gela, su un totale di almeno trentacinque milioni accertati dagli investigatori. Ci sarebbe questo dietro al sistema che gli inquirenti imputano al trentaquattrenne Rosario Marchese, attualmente detenuto anche dopo i blitz “Stella cadente” e “Leonessa”. Il consulente è a processo, davanti al collegio penale del tribunale, insieme all’agrigentino Rosario Barragato. Un funzionario dell’Agenzia delle entrate è stato sentito in aula. Si occupò di verificare le anomalie che poi portarono gli investigatori ad avviare indagini e a chiudere un’inchiesta che ha coinvolto oltre sessanta persone, compresi diversi imprenditori del nord Italia. “Contattavano imprenditori e aziende in difficoltà”, ha spiegato il testimone. Sono state accertate parcelle per consulenze, anche fino a centomila euro. Per gli inquirenti, le fatture del sistema avrebbero riguardato operazioni inesistenti. Le compensazioni fiscali venivano richieste con il codice 6742, quello per gli sgravi in favore di aziende che investono in aree svantaggiate. Secondo gli inquirenti, gli investimenti non ci sarebbero mai stati. Marchese e i suoi referenti principali avrebbero poi intascato somme per le consulenze e per le compensazioni che riuscivano ad effettuare. Un sistema milionario, emerso nel corso di un’indagine, quella dei pm di Gela, che poi ha trovato riscontri anche a Brescia, dove però i magistrati contestano a Marchese e ad altri coinvolti anche l’associazione mafiosa. Il testimone sentito in aula ha risposto alle domande del pm Luigi Lo Valvo e a quelle dei difensori di Marchese e Barragato, gli avvocati Flavio Sinatra, Giovanna Zappulla, Ivan Bellanti e Giovanni Lomonaco. I legali hanno messo in dubbio il collegamento diretto tra le compensazioni milionarie registrate nello sportello di Gela e l’eventuale ruolo dei due imputati. Secondo i riscontri, sarebbero state coinvolte anche società intestate alla moglie di Marchese e ad altre “teste di legno”, usate per l’emissione di fatture per prestazioni inesistenti. Sia per il consulente trentaquattrenne che per Barragato è stato disposto il giudizio immediato.
Lo scorso anno, i giudici del tribunale delle misure di prevenzione di Caltanissetta hanno disposto la confisca di beni per circa quindici milioni di euro, tutti riferibili a Marchese. I difensori hanno depositato l’appello e chiederanno di rivedere la decisione. La confisca venne disposta perché i beni, secondo le contestazioni, sarebbero stati ottenuti investendo soldi dei clan, in questo caso venne individuato un legame tra Marchese e il gruppo Rinzivillo. Il giudizio dovrebbe partire nelle prossime settimane.