Gela. La terribile esplosione al mercato rionale di via Madonna del Rosario, del giugno di un anno fa, ha generato più azioni giudiziarie. E’ in corso l’indagine penale per appurare le responsabilità di quanto accadde, ma anche le famiglie delle vittime portano avanti procedure parallele, per i risarcimenti. Oggi, si sarebbe dovuta tenere la prima udienza civile, scaturita dal ricorso proposto dai legali dei familiari di Giuseppa Scilio. E’ slittata però a febbraio, a seguito di un provvedimento di rinvio emesso dal giudice. Oltre al Comune, proprietario dell’area di via Madonna del Rosario dove vengono ancora oggi collocate le bancarelle, gli avvocati Gionata Virga e Seba Virga hanno citato Eni (che si è a sua volta costituita), in quanto Agip realizzò la bombola di gpl che avrebbe fatto da innesco per la deflagrazione, la compagnia assicurativa e il titolare del furgone per la vendita di prodotti di rosticceria al cui interno si verificò l’esplosione. La richiesta di risarcimento avanzata nell’interesse dei familiari della donna si aggira intorno ai due milioni di euro. Palazzo di Città, nelle scorse settimane, ha dato mandato a costituirsi, assegnando l’incarico all’avvocato Gabriella Giandinoto. A muoversi, in sede civile, sono anche i familiari della prima vittima, Tiziana Nicastro. La donna cessò di vivere dopo nove giorni. Hanno a loro volta deciso di richiedere i danni patrimoniali e non patrimoniali, da collegare alla terribile perdita subita. L’avvocato Raffaele Vacirca, che li assiste, ha citato in giudizio il solo Comune.
Anche in questo caso, l’udienza è fissata a febbraio, e l’ammontare complessivo delle richieste economiche si aggira intorno ai due milioni di euro. Secondo il legale dei familiari della donna, Palazzo di Città sarebbe responsabile di non aver effettuato i dovuti controlli nell’area mercatale e di aver rilasciato la licenza al titolare del furgoncino esploso. Saranno i giudici civili a valutare anche questo ricorso e l’amministrazione comunale ha comunque deciso di costituirsi, dopo non aver dato seguito all’istanza di negoziazione assistita, proposta la scorsa estate dal legale del marito e dei tre figli della donna.