Gela. Un accordo transattivo tra la famiglia dell’operaio Salvatore Vittorioso e il gruppo Ecorigen che potrebbe assicurare un immediato risarcimento economico.
L’esplosione del forno. Ad annunciarlo, davanti al giudice Chiara Raffiotta, sono stati i legali delle parti durante una delle udienze che si celebra a seguito della morte dell’operaio, travolto nel gennaio di sei anni fa dall’esplosione del forno 9.100 utilizzato, all’interno della raffineria Eni di contrada Piana del Signore, per la rigenerazione dei catalizzatori esausti. A rispondere di omicidio colposo, sono l’amministratore delegato di Ecorigen Francis Valerì, i responsabili degli impianti in città Giulio Bonvissuto e Ezio Viglianti oltre alle stessa azienda. Il sì all’accordofarebbe venire meno la costituzione di parte civile dei familiari dell’uomo.
Parla un ex collega dell’operaio morto. Intanto, durante l’udienza, è stato sentito uno dei carabinieri che intervenne dopo l’esplosione. “Arrivammo nell’isola tredici della fabbrica Eni – ha spiegato – e il corpo dell’operaio era già stato coperto con un telo”. A rispondere alle domande formulate dagli avvocati di difesa e dal pubblico ministero Elisa Calanducci, è stato anche un ex collega della vittima. “Dopo quell’esplosione – ha precisato il lavoratore – il forno 9.100 non venne più rimesso in marcia. Già alcuni mesi prima, ci fu un’implosione interna al sistemache, però, non causò conseguenze. Vittorioso venne assunto con contratti a tempo determinato. Nel primo periodo, fece parte della squadra addetta alle manutenzioni; poi, venne spostato ad altri incarichi”. Difesa e pubblica accusa non si sono risparmiate schermaglie soprattutto sul punto legato agli eventualisegnali di malfunzionamento del forno che, stando proprio ai magistrati della procura, sarebbero stati sottovalutati dal management di Ecorigen.