Gela. I giudici della Corte d’appello di Caltanissetta hanno del tutto ribaltato la condanna che il gup del tribunale di Gela aveva imposto al trentaseienne Gabriele Morso. In primo grado, l’uomo che vive in Liguria ma che ha ancora diversi contatti in città, era stato condannato a due anni e otto mesi di reclusione, al termine del giudizio abbreviato. Le accuse erano pesanti, tentata estorsione e rapina, legata ad un’auto d’epoca. La difesa, sostenuta dall’avvocato Giacomo Ventura, ha impugnato la condanna e in appello è stato presentato un dettagliato ricorso. Per il legale, infatti, la denuncia che venne sporta contro Morso partì in realtà da un suo conoscente, che nel tentativo di sottrarsi alla restituzione di un prestito in denaro, cercò invece di far passare la richiesta dell’imputato come una sorta di imposizione. In realtà, come ha spiegato la difesa, Morso i soldi li doveva riavere dopo averli prestati all’amico, che invece lo denunciò. Anche l’auto d’epoca, una 500, sarebbe stata di proprietà del trentaseienne, che avrebbe chiesto al conoscente di restituirgliela, dopo che gli era stata messa a disposizione ma solo per custodirla. Anche in questo caso, l’amico avrebbe tentato di impossessarsi della vettura. Elementi difensivi che già il tribunale del riesame nisseno aveva accolto, revocando la custodia cautelare di Morso. Il gup del tribunale di Gela, invece, aveva deciso per la condanna.
In appello, la linea difensiva ha del tutto convinto i giudici, che hanno pronunciato l’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”.