Gela. “Rimasi profondamente deluso dal comportamento assunto da alcuni dei miei uomini di fiducia che, nonostante le sollecitazioni, cercarono di nascondermi una parte della verità”.
Davanti al giudice Domenico Stilo, ha deposto l’ex comandante della locale compagnia dei carabinieri Pasquale Saccone. Il militare è stato sentito durante una delle udienze del processo che si celebra a carico del presunto boss Giuseppe Alferi e di Francesco Giovane, difesi dall’avvocato Maurizio Scicolone e accusati di calunnia indiretta.
L’ex comandante ha deposto in merito ad un video, rivelatosi grossolanamente modificato, che avrebbe dovuto incastrare tre carabinieri impegnati nel nucleo investigativo destinato alle indagini su criminalità organizzata e droga. I tre si sono costituiti parte civile.
In base al video, nel novembre di quattro anni fa, avrebbero appiccato il fuoco ad una Mercedes parcheggiata nella zona di via Po, a Carrubbazza.
“Il cd contenente le immagini – ha spiegato il militare attualmente in servizio a Roma – mi venne consegnato da un carabiniere scelto che, a sua volta, lo avrebbe ricevuto da una fonte confidenziale. Le immagini non erano per nulla nitide e, comunque, riuscì ad intravvedere uno degli uomini impegnati nel nucleo investigativo. Successivamente, una Mercedes veniva avvolta dalle fiamme. Si scoprì, però, che le immagini erano state sottoposte a tagli e modifiche”.
I tre carabinieri, però, si trovavano in quella zona solo per piazzare un gps di controllo sulla Mercedes, utilizzata da un giovane sottoposto ad indagine. Un’ora dopo venne data alle fiamme.
“Il procuratore capo Lucia Lotti – ha continuato Saccone – volle conoscere l’origine delle immagini e, quindi, l’identità di chi aveva consegnato il cd. Inizialmente, mi fu riferito che era stato Giuseppe Alferi. Solo dopo alcuni mesi, seppi che a consegnarlo era stato un certo Faraci, titolare di un supermercato in via Tevere, sempre per il tramite di Alferi e Giovane”.
Stretto dalle domande poste dal pm Elisa Calanducci e dal legale dei tre carabinieri, Saccone non ha negato che, in quel periodo, fosse forte la tensione tra il gruppo investigativo del quale facevano parte i tre carabinieri, coordinato dalla procura, e quello composto da alcuni dei militari che avrebbero fatto recapitare il video, già usciti dal procedimento penale.