Gela. Un sacrificio, un rito che avrebbe dovuto “liberare” il figlio da una grave patologia. Non ancora quattordicenne, avrebbe dovuto sgozzare un agnello e dargli fuoco. Ad organizzare il rito, fu il padre del giovane, adesso condannato ad un anno di reclusione, con pena sospesa. Il giudice Antonio Fiorenza ha accolto le richieste avanzate dall’accusa e ha emesso un dispositivo di condanna nei confronti dell’uomo, un quarantottenne. L’imputato doveva rispondere dei maltrattamenti e dell’uccisione dell’agnello. Dopo che il figlio, anche per paura, si rifiutò di dare seguito alle richieste, il padre diede ugualmente fuoco all’agnello, che sarebbe stato appositamente acquistato. Il rito pare fosse stato organizzato in un’area rurale. L’accaduto, nel corso del giudizio, è stato confermato in aula anche dall’altra figlia, presente al momento dei fatti, e dall’ex moglie del quarantottenne.
La difesa, sostenuta dall’avvocato Maria Concetta Di Stefano, ha ridimensionato la ricostruzione, escludendo che ci sia stato un accanimento volontario. L’ex moglie dell’imputato, madre dei due figli minori costretti a partecipare al rito e ad assistere alla brutale uccisione dell’agnello, si è costituita parte civile, con l’avvocato Giovanna Cassarà. Gli è stato riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni e il legale ha insistito per la condanna dell’imputato.