Gela. Undici arresti in totale, un uomo, Paolo Di Giacomo, in carcere con la pesante accusa di tentato omicidio e l’aggravante della premeditazione, un altro in ospedale, Michele Cavaleri, con un proiettile nell’addome, un soccorritore del 118 ferito di striscio ed un carabiniere colpito da una sprangata mentre tentava di bloccare lo sparatore.
Il bilancio della notte del “Gb oil” è agghiacciante nella freddezza delle sue statistiche. Una sfida allo Stato l’ha chiamata il Procuratore, Fernando Asaro, una sconfitta per la società civile che ancora si interroga come da una semplice serata di addio al nubilato si sia arrivato a tanto.
Oggi a raccontare le conseguenze di quella notte c’è Orazio Di Giacomo, padre di Giusy che quella sera festeggiava il suo addio al nubilato e di Paolo che, per vendicare la sorella rimasta coinvolta nella rissa di quella sera, ha scaricato la sua “7,65” addosso al licatese Cavaleri, in mezzo ad una selva di agenti di polizia e di carabinieri.
Di Giacomo, che i suoi trascorsi con la giustizia li ha già pagati, parla di quella sera, pochi minuti prima del matrimonio della figlia, celebrato ieri in comune. Un giorno che non è certo come lo avevano immaginato.
“Oggi mia figlia si sposa in municipio – racconta – ma praticamente la sto obbligando. Lei non voleva, piange da quella maledetta notte. Si sente tirata in mezzo in una vicenda in cui lei non è certamente la protagonista. Si è vista rovinare il giorno più bello della sua vita e ha avuto paura che quella notte potesse finire anche peggio”.
Giusy non c’entra nulla con quella lite, lo sottolinea più volte il padre, non era lei la destinataria delle avances del Cavaleri.
“Lei non era neanche al bancone in quel momento, le avances erano per un’altra ragazza – dice – i filmati parlano chiaro. Giusy era in disparte quando è stata aggredita dalla compagna del licatese ed è stata colta di sorpresa”.
Di Giacomo sente forte il peso del pregiudizio che il suo nome carica anche addosso ai suoi figli. Un marchio che la famiglia vorrebbe scrollarsi di dosso.
“Io ho fatto tanti errori nella vita e ho pagato i miei debiti con la giustizia – racconta – ma i miei figli non possono continuare ad essere additati come delinquenti solo perché portano questo cognome”.
Ma Paolo quella notte aveva una pistola con il silenziatore, gli chiediamo, e non ha esitato ad usarla.
“Paolo ha sbagliato – ammette Di Giacomo – non si spara ad un uomo mai. Forse è stato accecato dalla rabbia per aver visto la sorella ferita, ma non doveva arrivare a quel punto. Se io avessi saputo che mio figlio stava uscendo di casa armato avrei fatto di tutto per fermarlo”.
Di Giacomo ringrazia i Carabinieri per aver evitato che la situazione degenerasse e per come hanno trattato i suoi figli dopo l’arresto
“Io sono grato per come si sono comportati i Militari dell’Arma – dice – hanno evitato che una situazione grave si trasformasse in una tragedia più grande e sono stati molto comprensivi con me e la mia famiglia. Hanno fatto bene il loro dovere e di questo da padre li ringrazio”.
Secondo Di Giacomo però non tutti i coinvolti nella rissa sarebbero già stati sentiti e si chiede come mai.
“Quella sera sono stati fermati e arrestati tutti i protagonisti della rissa – dice – sono stati sentiti i testimoni ma, mi dicono gli avvocati, nei verbali non c’è traccia delle dichiarazioni delle due ragazze che erano al bancone. Sicuramente verranno sentite, o almeno me lo auguro, perchè loro potrebbero chiarire meglio la reale dinamica di quanto accaduto quella notte”.
Sospira quando gli chiediamo se ha fiducia nella magistratura: “Ho fiducia, ma ho anche paura – dice – ma voglio credere che tutta la verità verrà a galla”.