Gela. Quando stamattina ho capito che ero stato il solo a scrivere una notizia di denuncia, invece di essere felice, mi sono rattristato. Non ho bisogno di sottolineare un atteggiamento rigoroso che so di avere.
In redazione, per questo, amiamo camminare a testa alta. Sono consapevole di avere dato voce a lavoratori che trovano strano accettare certe situazioni.
Persone abituate a non dividere con altri il frutto del loro impegno. Specialmente, se questi si nascondono e sfruttano il valore di una divisa come quella della Polizia municipale. La divisa del corpo che deve tutelare la nostra città ed evitare che venga infangata per chissà quale motivo. Questo atteggiamento merita almeno di essere reso pubblico, al di là delle ripercussioni, per stimolare chi deve vigilare a fare chiarezza.
Quello che mi ha reso davvero triste è, non il semplice fatto che molti miei colleghi in città preferiscono rincorrere i comunicati stampa, che uno tra i più anziani abbia frainteso la notizia associando il mio nome tra gli indagati di questa sporca vicenda.
Eppure lui dovrebbe sapere che un giornalista cerca di portare alla luce certe situazioni. Lui, invece, preferisce la strada più comoda, assumendo una posizione di tutela. Nel calderone degli imputati mette tutti, proprio tutti, ad eccezione di chi un reato probabilmente lo ha commesso. Quasi si ritaglia uno spazio tra gli inquirenti che invece, grazie alla notizia, sono già a lavoro.
Questo mio sfogo lo dedico invece ai numerosi lettori che hanno avuto modo di conoscere e denunciare una realtà da contrastare. E’ questi sono diverse migliaia.
Adesso ho già smesso di essere triste. Le emozioni per noi durano poco, dobbiamo pensare a nuove notizie. Magari, sperando che un altro collega si allontani dal coro dei tanti “portavoce” e decida di onorare il proprio tesserino di giornalista.
C’è tempo per tutti, anche per gli anziani.