Carte “false” per potenti Audi, cadono accuse: assolto anche imprenditore Luca

 
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Gela. Non ci furono irregolarità nelle pratiche legate a due Audi, immatricolate in Germania e poi arrivate in Italia e rivendute. Sono cadute le pesanti accuse di riciclaggio e falso che venivano mosse ad operatori locali e all’imprenditore Salvatore Luca, allora titolare della concessionaria Lucauto. Il collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore (a latere Ersilia Guzzetta e Angela Di Pietro), ha emesso un  dispositivo di assoluzione, con la formula “perché il fatto non sussiste”. Le richieste di condanna, avanzate al termine della requisitoria dal pm Mario Calabrese, erano consistenti. Otto anni di reclusione ciascuno per Salvatore Pisano, titolare di un’agenzia di disbrigo pratiche, e Paolo Di Stefano; sei anni per Salvatore Luca; infine, quattro anni a Giuseppe Casisi. Secondo il pm, sarebbero tutti stati consapevoli del fatto che mancasse la necessaria documentazione per avviare le pratiche di nazionalizzazione delle vetture, ma avrebbero comunque forzato la procedura. Una serie di irregolarità, descritte dall’accusa, che però le difese hanno del tutto escluso.

Si sono rifatte alla normativa in materia, negando qualsiasi violazione della disciplina in materia. Luca, coinvolto solo nella vicenda dell’Audi A5, sentito in aula ha spiegato di non aver mai trattato automobili immatricolate in Germania e prive della documentazione prevista. I difensori degli imputati, gli avvocati Rocco Guarnaccia, Antonio Gagliano, Nicoletta Cauchi e Rocco La Placa, puntando sulla disciplina normativa, hanno ribadito che non ci sarebbe stata nessuna responsabilità degli imputati, sollevando diversi dubbi invece su almeno altri due coinvolti, non finiti a processo ma dai quali sarebbe partita l’intera trafila delle due potenti automobili. Altri capi di imputazione sono stati dichiarati prescritti.

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