Gela. L’arresto risale allo scorso maggio, i pm della Dda di Potenza hanno chiuso le indagini avviate nei confronti del cinquantaduenne gelese Vincenzo Pistritto. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, avrebbe preteso la messa a posto dagli operai che venivano impiegati dall’azienda per conto della quale lavorava, come responsabile del personale. Gli investigatori lucani sono convinti che gli operai fossero costretti a pagare, perché minacciati da Pistritto, che avrebbe fatto leva sulla sua vicinanza agli stiddari. Oltre al cinquantaduenne, sono due gli indagati, compreso un cittadino di nazionalità albanese. Venne effettuato un sequestro per almeno 62 mila euro e furono perquisiti gli uffici di società nel nord Italia. L’inchiesta è stata coordinata dai pm di Potenza, perché Pistritto avrebbe imposto le presunte estorsioni nei cantieri di Tempa Rossa del sito produttivo della multinazionale Total. Il gelese, sentito dal gip subito dopo l’arresto, ha escluso qualsiasi contestazione, sostenendo di aver sempre lavorato senza imposizioni. Anzi, spiegò che spesso sarebbe intervenuto economicamente per andare incontro alle esigenze di trasfertisti in difficoltà. Il legale che lo difende, l’avvocato Francesco Enia, ha ottenuto provvedimenti favorevoli dai giudici del riesame, almeno rispetto alle accuse più pesanti, relative alle aggravanti mafiose, ridimensionate. La difesa ha ricordato il precedente dell’inchiesta “Cayman”, con Pistritto che ottenne una sentenza di assoluzione, anche in quel caso dopo le iniziali accuse di mafia.
L’inchiesta dei magistrati della Dda di Potenza si è concentrata anche sul trasferimento di beni. Il cinquantaduenne fu sottoposto ai domiciliari, con l’obbligo del braccialetto elettronico. Ora, si attendono le eventuali richieste dei magistrati.