Gela. Era capace di intendere e volere e per questo è stato condannato all’ergastolo. Giuseppe Centorbi, 41 anni, è il bracciante agricolo di Licata che nel giugno del 2011 anno ha sterminato la famiglia Militano in contrada Desusino, nel territorio di Butera.
Ieri sera il Gup del tribunale di Gela, Veronica Vaccaro, ha pronunciato la sentenza di condanna. Centorbi è stato giudicato con il rito abbreviato. I periti nominati dallo stesso Gup hanno chiaramente detto che il bracciante agricolo la mattina del 24 giugno del 2011 era perfettamente in grado di capire quel che stava facendo. Ha agito con premeditazione e lucidità. Nessun raptus. Il Gup ha anche riconosciuto un risarcimento sostanzioso alle parti civili, ben dieci: i tre nonni (padre e madre di Filippo Militano, la madre di Giuseppa Carlino e nonna del figlio tredicenne della coppia, e sette tra fratelli e sorelle delle vittime). Alla base della strage contrasti legati a questioni di confini agricoli. Il tribunale ha riconosciuto un risarcimento di circa 200 mila euro ad ognuno dei genitori e di circa 130 mila euro a fratelli e sorelle dei Militano.
La difesa aveva ottenuto una perizia perché riteneva che l’imputato nel momento della strage non era mentalmente lucido. Le parti civili si erano opposte alla richiesta di perizia ritenendo che Centorbi fosse invece perfettamente consapevole. Dal Ris Messina emerse che le pistole sequestrate a Centorbi nel suo casale erano state usate per uccidere i tre Militano. Nel corso dell’interrogatorio, subito dopo il triplice omicidio, il quarantenne ammise di essere l’autore di quello sterminio, motivato con i “disturbi” dei Militano.
Centorbi venne bloccato pochi giorni dopo sulla strada a scorrimento veloce che da Gela conduce ad Enna, in territorio di Piazza Armerina. Era alla guida della Fiat Punto di colore nero, ricercato subito dopo la mattanza. Lo fermarono i carabinieri. Non oppose alcuna resistenza. Aveva con sé tre pistole calibro 7,65 con il colpo in canna.