Gela. Una fondazione per stabilire un nesso tra le patologie da industrializzazione e stabilire un risarcimento alla salute e benessere dei cittadini.
In città, alla particolare incidenza di malformazioni neonatali segnalate dal Cnr e Oms che hanno condotto uno studio nel territorio, si sono aggiunte altre patologie degenerative che spaziano dai tumori al cervello all’alzheimer passando per le malformazioni di piedi e organi genitali.
I medici che fanno capo alla fondazione Vitaora, presieduta da Antonio Rinciani e composta da Giuseppe Turco, Ketty Perrotta e Angela Averna, si sono arricchiti della presenza di Luigi Promenzio, medico chirurgo infantile presso l’università Tor Vergata, presidente della società sulle patologie dell’apparato locomotore dei bambini.
“Abbiamo ascoltato il grido disperato lanciato dalla fondazione Vitaora, nella persona di Rinciani – dice Promenzio – e sentito la necessità di fare parte del team della fondazione che offre assistenza gratuita alle famiglie che hanno problematiche dell’apparato locomotore.
Bisogna avviare degli studi in favore dei bambini e dei soggetti che hanno bisogno. L’apparato locomotore interessa diverse branchie. “Mancano nel territorio gli studi per patologia – accusa Rinciani – Sono ignoti i dati epidemiologici del registro tumori, l’unico avviato qualche anno fa nel territorio della provincia di Caltanissetta. Non conosciamo le cause delle gravi patologie che sfociano con malformazioni e il decesso dei pazienti.
Bisogna intervenire e comprendere chi o cosa provoca la presenza di tumori cerebrali. I medici pediatri spesso si sentono dire dalle donne se possono continuare ad allattare considerata la presenza di metalli pesanti nel latte materno”.
Tra i medici pediatri, Angela Averna, sostiene che oltre il cinquanta per cento dei pazienti malformati ricoverati nel centro Oasi di Troia proviene da Gela.
“Sono dati allarmanti – sottolinea la dottoressa Averna – che impongono un livello di guardia nel nostro territorio. Una volta la procura volle conoscere il tasso di malformati dei nostri pazienti nel periodo compreso tra il 1993 e 2001. In quell’occasione risultarono 50 persone su 900 assistiti. Da allora non è stata condotta nessun altra indagine”.