Gela. A Gela, al Mercatino di via Madonna del Rosario, oggi è il giorno del ricordo. Poco prima di mezzogiorno i commercianti chiudono le loro bancarelle e sul piazzale cala un silenzio surreale.
Un silenzio che ammanta il ricordo del boato che alla stessa ora, un anno prima, aveva spazzato via sogni e speranze di tantissima gente coinvolta suo malgrado nell’esplosione.
Era il 5 giugno dello scorso anno quando una bombola di gas che alimentava la friggitrice di uno dei truck adibiti alla vendita di polli allo spiedo, esplose al centro del mercatino rionale, nel pieno dell’ora di punta.
Quel mercoledì di giugno le fiamme generate dall’esplosione investirono una quindicina di persone. Due di loro, Giuseppa Scilio e Tiziana Nicastro, persero la vita a causa delle ferite riportate, tante altre invece hanno iniziato la loro battaglia personale di cui portano ancora sul corpo i segni.
Questa mattina i sopravvissuti e i familiari delle vittime hanno deciso di ritrovarsi tutti allo stesso posto, alla stessa ora, per ricordare quel giorno che ha cambiato le loro vite. Tutti riuniti attorno ad una composizione floreale, posta sul luogo dell’esplosione dagli ambulanti del mercatino.
Assieme ai fiori, le foto di Tiziana e Giuseppa, le due vittime dell’esplosione, morte dopo giorni di agonia a causa di gravi complicazioni respiratorie.
A pochi passi dal luogo dell’esplosione i figli di Giuseppa abbracciano Francesco, il marito di Tiziana, che da mesi chiede che l’Amministrazione comunale metta una targa all’ingresso del mercatino in ricordo di ciò che è successo.
“Ci hanno lasciati soli all’indomani dei funerali – racconta Francesco, che per accudire i suoi tre figli ha dovuto lasciare il suo lavoro da saldatore, che lo portava in giro per l’Italia – di fronte la bara di mia moglie, le istituzioni mi avevano promesso sostegno ed un lavoro. Ad oggi nessuno si è mai fatto sentire”.
C’è la stessa amarezza nelle parole di Concetta, 52 anni e il corpo ancora segnato dalle cicatrici di quel giorno, una delle sopravivssute all’esplosione che oggi torna per la prima volta da quel 5 giugno in via Madonna del Rosario.
“Quello appena trascorso – ci racconta – è stato un anno di silenzio quasi assordante, come se nulla fosse accaduto, un anno di rischi sulla strada causati dagli innumerevoli viaggi per visite ospedaliere in ogni parte della Sicilia, lunghe attese per la riabilitazione fisica e motoria, un anno che sembra un’eternità”. “Oggi siamo qui per non dimenticare le vittime e le famiglie – aggiunge – e per questo il mio pensiero va alle istituzioni, assenti sia dal punto di vista del sostegno economico che soprattutto, da quello del supporto morale”.
Dichiarazioni spesso dettate dalla rabbia che però si attenua di fronte alle storie dei tanti sopravvissuti presenti. Storie come quella di Simona, una delle vittime più gravi di quel giorno, investita dalle fiamme mentre era all’ottavo mese di gravidanza. Per lei c’erano poche speranze e invece oggi e lì a testimoniare la nascita di Enea, un nome da guerriero scritto nel destino di questo piccolino, venuto al mondo sano e forte nonostante il calvario vissuto dalla mamma.
“È stato il mio punto di riferimento durante i primi giorni all’ospedale, quando il dolore era straziante – racconta Simona – per salvaguardare la mia gravidanza non ho potuto assumere antidolorifici o morfina. Ho stretto i denti pensando al giorno in cui avrei visto il sorriso di Enea e quando è nato, sono rinata anche io. Il suo nome è quello di un guerriero, perché insieme abbiamo combattuto e vinto la battaglia più difficile della nostra vita”.
A pochi metri dal luogo dell’esplosione c’è la bancarella di ‘Ngom, ambulante senegalese ma gelese di adozione, che quel giorno non esitò un attimo a gettarsi in mezzo al rogo per salvare una donna avvolta dalle fiamme.
Da allora al mercato lo chiamano l’eroe, ma lui scuote le spalle e sorride: “Non sono un eroe – dice – ho fatto quello che andava fatto e lo rifarei altre mille volte”.
A portare un fiore accanto alle foto delle due vittime c’è anche Melania che su quel furgoncino ci lavorava e che fu tra le prime ad essere colpita dall’esplosione. Il ricordo di quel giorno l’ha perseguitata per tantissime notti, ma oggi grazie all’affetto della sua famiglia e all’amore del suo ragazzo sente di aver superato il peggio: “Oggi sto bene, riesco a guardarmi allo specchio – dice – so di essere stata fortunata perché sono ancora viva. Ci sono stati momenti difficili, ma adesso non voglio pensarci più”.
Per quella tragedia non ci sono ancora responsabili, le indagini della Procura sono ancora in corso ma chi è sopravvissuto reclama giustizia anche per chi non c’è più, come ci racconta Angelo, il figlio di Giuseppa Scilio.
“La Procura sta lavorando alle indagini e mi auguro che chi ha sbagliato paghi per quello che ha fatto a tutte queste persone – dice – ho fiducia nella magistratura e spero che presto si vada a processo. Tutto questo si sarebbe potuto evitare se ci fossero stati i controlli adeguati. Adesso pretendo giustizia per chi non c’è più e per chi ancora porta i segni di questa tragedia sulla pelle”.