Gela. A causa delle restrizioni anti-Covid, che hanno quasi del tutto bloccato l’attività processuale, slitta al prossimo settembre anche la decisione della Corte d’appello di Caltanissetta sul giudizio scaturito dalla maxi inchiesta antimafia “Tagli pregiati”. Un’indagine che consentì di svelare gli affari di Cosa nostra gelese, soprattutto nel nord Italia. L’udienza si sarebbe dovuta tenere ieri. La famiglia Rinzivillo avrebbe avuto un ruolo centrale. Tre anni fa, arrivò la decisione di primo grado, dopo un’istruttoria fiume andata avanti innanzi al collegio penale del tribunale di Gela. Le difese hanno impugnato le condanne emesse, anche molto pesanti. Nel giugno dello scorso anno, la procura generale ha richiesto la conferma di tutte le pronunce di primo grado. I magistrati gelesi condannarono a tredici anni e quattro mesi di reclusione il catanese Giorgio Cannizzaro, a dodici anni e otto mesi Alfredo Santangelo, otto anni ciascuno per Mirko Valente e Salvatore Arria, sette anni e mezzo a Claudio Alfieri e Vincenzo Alfieri, sette anni al magrebino Mhmdhi Jamil, sei anni a Francesco Angioni, Simone Di Simone, Rosario Saccomando e Francesco D’Amico, quattro anni al collaboratore di giustizia Angelo Bernascone. L’assoluzione arrivò per Emanuele Terlati, Roberto Ansaldi, Benito Rinzivillo, Ileana Curti, Giovanna Guaiana, Maura Bartola, Matteo Romano, Patrizio D’Angiò e Salvatore Azzarelli. Gli affari del gruppo Rinzivillo sarebbero stati gestiti attraverso l’apporto dei clan catanesi, per il tramite di Giorgio Cannizzaro e Alfredo Santangelo. Non sarebbero mancati gli imprenditori di fiducia, scelti per cercare di acquisire finanziamenti costituendo società ad hoc, principalmente in Lombardia. Nodi strategici erano la zona di Busto Arsizio e dell’hinterland di Varese. Le casse della mafia gelese sarebbero state riempite sfruttando settori tradizionali come il giro di droga e le estorsioni. Gli investigatori non hanno trascurato la gestione di manodopera in nero che veniva utilizzata nei cantieri edili. Le parti civili, nel procedimento di secondo grado, hanno seguito la linea dell’accusa, sostenendo la condanna di tutti gli imputati.
L’ha fatto l’avvocato Giuseppe Panebianco per conto dell’antiracket “Gaetano Giordano” e della Fai. Parti civili sono inoltre il Comune di Gela, con l’avvocato Salvatore Caradonna, e la Fondazione antiusura padre Pino Puglisi con il legale Carmelo Picciotto. Gli imputati sono rappresentati, tra gli altri, dagli avvocati Giacomo Ventura, Flavio Sinatra, Nicoletta Cauchi, Cristina Alfieri, Vania Giamporcaro, Fabio Schembri, Vincenzo Lepre e Maurizio Forte.