Gela. Il parco di Montelungo ospita una discarica a cielo aperto di materiale archeologico. A ridosso della pista ciclabile e del tiro a piattello, l’area che si estende su una superficie grande come due campi di calcio ospita, tra erbacce e rifiuti vari, numerosi frammenti di ceramiche del periodo greco.
Sono evidenti resti di grandi vasi, all’epoca utilizzati per la conservazione di riserve alimentari, anfore da trasporto e vasellame fine verniciato.
Nella terra di riporto fanno bella vista i frammenti di interesse archeologico insieme a residui riconducibili a materiale da risulta tipico dell’edilizia moderna.
Sulla vicenda è intervenuto Giovanni Iudice, l’artista contemporaneo che ha esposto una sua opera nella recente edizione della Biennale di Venezia.
“Sono evidenti frammenti architettonici quali elementi in calcare lavorati, fregi, tegole e coppi a sezione pentagonale – accusa Iudice – Molto evidenti due enormi blocchi squadrati di pietra arenaria assai simili a quelli utilizzati nella costruzione delle mura di Caposoprano. Giungo a delle conclusioni sono dopo avere contattato archeologi e storici ai quali ho inviando immagini fotografiche che ritraggono lo scempio di Montelungo. Ho investito con un messaggio telefonico il critico d’arte Vittorio Sgarbi che potrebbe decidere di venire a Gela per visionare i frammenti dei reperti. Con ogni probabilità si tratta di materiale proveniente da altri siti. Non si esclude che possano provenire da un’area urbana su cui insisteva un antico abitato greco”.
Recentemente sono stati autorizzati cantieri di lavoro per edilizia privata e pubblica sia lungo il costone di via Ettore Romagnoli, dove grazie agli scavi dei costruttori si continua a riportare alla luce strutture di ville greche, e in particolare di età ellenistica.
C’è chi nutre sospetti anche su viale Indipendenza, dove a ridosso delle Mura Timoleontee è stato realizzato il parcheggio multipiano di Caposoprano. Altri interventi sono stati autorizzati anche sul corso Vittorio Emanuele nei pressi del museo archeologico. Ipotesi, quest’ultime, che potrebbero spingere il soprintendente ai Beni culturali ad approfondire le ricerche.