Gela. Non avrebbe avuto alcun legame con il gruppo mafioso capeggiato dal boss Peppe Alferi. In appello, la difesa dell’ambulante Rosario Consiglio cercherà di ottenere una decisione favorevole, dopo aver impugnato la condanna di primo grado. Il cinquantatreenne, nell’estate dello scorso anno, venne condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione. Fu coinvolto nel blitz antimafia “Inferis”, che fece luce sui presunti interessi degli Alferi. Gran parte delle contestazioni mosse nei suoi confronti sono già cadute in primo grado, ma è rimasta quella dell’appartenenza al clan. La stessa pena è stata irrogata ad un altro imputato, Francesco D’Amico, difeso dall’avvocato Nicoletta Cauchi. Quattro presunti complici, invece, sono stati assolti. Il ricorso avanzato in appello dalla difesa del cinquantatreenne, sostenuta dall’avvocato Salvo Macrì, tocca diversi aspetti della sentenza emessa dal collegio penale del tribunale di Gela. Secondo il legale, non ci sarebbero elementi per provare l’affiliazione dell’ambulante al gruppo Alferi. In passato, infatti, Consiglio subì diversi danneggiamenti, compreso l’incendio di alcune automobili di sua proprietà, tutti riconducibili proprio al gruppo Alferi. Per la difesa, sarebbe stato vittima e non affiliato. Le dichiarazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia Emanuele Cascino, ex fedelissimo di Peppe Alferi, hanno però tracciato un contorno differente. E’ soprattutto l’ex braccio destro del boss a collocare Consiglio nella sfera di influenza del gruppo criminale.
Dichiarazioni che la difesa dell’imputato ha sempre respinto, sottolineando come non ci siano mai stati riscontri. Elementi che verranno valutati dai giudici della Corte d’appello di Caltanissetta. Il ricorso è stato depositato. In primi grado, vennero assolti Mirko Felice Turco, Gianfranco Turco, Francesco Alma e Giuseppe Vinci.