Gela. E’ tornata a casa ieri la salma di Orazio Condorelli, il quarantasettenne operaio deceduto la scorsa settimana in Lombardia e che è la prima vittima gelese del Covid 19. Ad accoglierlo la moglie Concetta e i figli Emanuele e Gloria che hanno voluto raccontarci il dramma straziante di questi giorni. “Ce lo hanno portato via in maniera brutale, senza neanche il conforto di un’ultima carezza’’, dicono.
L’operaio metalmeccanico è ritornato a casa non con il volo che aveva prenotato lo scorso 16 marzo, ma con un aereo speciale, adibito al trasporto delle salme. Non ce l’ha fatta Orazio a sconfiggere questo nemico invisibile che si sta portando via tante persone nel mondo. Era appena rientrato dalla Spagna e, prima di riabbracciare la sua famiglia, era tornato a Bergamo per completare un lavoro. Una disponibilità che gli è stata fatale, Orazio arriva in Lombardia nei giorni cruciali del contagio. I primi sintomi influenzali, poi l’improvviso peggioramento, fino al ricovero. Da lì inizia un’odissea fatta di ossigeno, casco respiratorio, tra alti e bassi in cui Orazio si tiene in contatto con i suoi cari attraverso le videochiamate di whatsapp. Poi lo spostamento in terapia intensiva e una lunga settimana di silenzio scandita dalle telefonate giornaliere del medico. Fino all’ultima telefonata, quella in cui hanno comunicato a Concetta che Orazio, il gigante buono, non ce l’aveva fatta. Concetta ed Emanuele ci raccontano di Orazio, della sua passione per il modellismo, accarezzando dolcemente una piccola riproduzione di una Vespa. Uno dei suoi lavori peggiori scherzano, con gli occhi lucidi. Per il momento non ci sarà un funerale per come meritava. Un grande rimpianto per la sua famiglia che ricorda con dolore le sue ultime parole prima di essere intubato.