Gela. Avrebbe avuto rapporti di fiducia anche con esponenti delle forze dell’ordine. I legami intessuti dal boss cinquantanovenne Salvatore Rinzivillo sono stati approfonditi dagli investigatori che hanno poi messo a segno la maxi indagine “Extra fines-Druso”, successivamente seguita da altri tronconi. Almeno due carabinieri si sarebbero messi a sua disposizione e i loro nomi sono finiti nell’elenco dei destinatari di provvedimenti di custodia cautelare. I militari Cristiano Petrone e Marco Lazzari, uno assegnato ai servizi di sicurezza interna, sono attualmente a processo insieme ad altri coinvolti nell’inchiesta “Extra fines”. Davanti al collegio penale del tribunale, presieduto dal giudice Miriam D’Amore, è stato invece aperto il dibattimento nei confronti dello stesso Rinzivillo. Deve rispondere dell’accesso abusivo ai sistemi informatici, in dotazione alle forze dell’ordine. In base a quanto emerso dalle indagini, avrebbe chiesto di ottenere informazioni riservate, anche su imprenditori poi vittime di presunte richieste estorsive. Il suo difensore, l’avvocato Roberto Afeltra, aveva già eccepito l’incompetenza territoriale dei giudici romani e il procedimento è finito davanti a quelli del tribunale locale.
Le presunte relazioni illecite con esponenti delle forze dell’ordine vennero da subito approfondite dagli inquirenti, fino a ricostruire l’ottenimento di informazioni riservate da parte di Rinzivillo, che secondo le accuse aveva già ottenuto i galloni del comando della famiglia, dopo l’investitura da parte dei fratelli ergastolani Antonio Rinzivillo e Crocifisso Rinzivillo.