Brescia. Detenuto in carcere ad Opera, con pesanti accuse e coinvolto in diverse indagini, l’imprenditore trentatreenne Rosario Marchese, da parecchie settimane, ha deciso di parlare ai magistrati che hanno coordinato la maxi inchiesta “Leonessa”, solo l’ultima in ordine di tempo che lo tocca. Vuole spiegare la sua posizione. I pm della procura di Brescia sono arrivati ad individuarlo come presunto organizzatore di un giro milionario di false compensazioni e truffe all’erario, per sostenere la stidda. Sono queste le contestazioni che gli muovono. I magistrati lombardi hanno lavorato insieme a quelli della Dda di Caltanissetta, impegnati invece nel blitz “Stella cadente”, che ha coinvolto lo stesso Marchese. Il trentatreenne, che aveva ormai trasferito i suoi affari in Lombardia e nel Nord Italia, ha ribadito di non essere uno stiddaro, ma ha ammesso che c’era lui dietro alle consulenze gonfiate, anche fino a sessantamila euro, che avevano come unica finalità quella di agevolare centinaia di aziende, così da fare iscrivere costi in realtà inesistenti. Le consulenze non avrebbero avuto alcun carattere pratico. Marchese rilasciava fatture dell’importo che l’azienda intendeva evadere e tratteneva una percentuale. Avrebbe gestito le false compensazioni per gli investimenti (mai realizzati) in aree svantaggiate. Della cessione dei crediti e dei modelli F24 si sarebbero occupati intermediari che avrebbero fatto da sponda tra il trentatreenne e le aziende interessate al presunto sistema.
Lo ha riferito lui stesso ai pm e potrebbe essere sentito di nuovo nel corso dei prossimi giorni. Da quanto emerge, avrebbe avuto notevoli riscontri, negli anni, sia da importanti imprenditori che da esponenti politici. Con i profitti avrebbe voluto avviare attività economiche lecite. Tutti aspetti che i pm valuteranno, in attesa della chiusura delle indagini. Solo nel filone “Leonessa” sono 134 i coinvolti.
