Gela. La “guerra” politica interna ai cinquestelle, a Roma, si gioca anche sui rimborsi, da sempre vanto dei grillini. Negli scorsi giorni, il senatore Gianluigi Paragone, anima decisamente critica del movimento, ha fatto nomi e cognomi di parlamentari non in regola, indicando tra gli altri anche il senatore gelese Pietro Lorefice. Neanche l’ex assessore della giunta Messinese avrebbe restituito quanto dovuto. Accuse che Lorefice proprio non digerisce. Lui si ritiene in regola. “Tramite bonifici ho già versato fino a novembre 2019 – dice subito – sul portale ho caricato fino a luglio scorso. Poi, c’è una fase di verifica. Ho versato tutto. Abbiamo un sistema di rendicontazione molto puntuale, ma anche farraginoso”. Il senatore, che ha fatto da garante politico all’accordo tra ministero dell’ambiente ed Eni, con la stipula del protocollo sulla decarbonizzazione del sito industriale locale, guarda alle parole di Paragone, solo come ad un’eventuale rivalsa politica. “C’è chi preferisce fare rumore – dice ancora – io mi concentro sul mio territorio e lavoro per questa ragione. Il sistema dei rimborsi? Mensilmente, tutti i parlamentari del movimento restituiscono fino a duemila euro. La somma varia in base alle spese sostenute per collaboratori, consulenti, missioni istituzionali ed altro. Noi rendicontiamo tutto, a differenza degli altri partiti”. Fino allo scorso anno, i soldi restituiti da parlamentari nazionali e regionali del Movimento cinque stelle venivano concentrati su un fondo per le microimprese.
Dal 2013, circa duecento milioni di euro sono stati destinati al fondo. “Personalmente, per il 2018 ho restituito quasi ventimila euro – conclude il senatore – nel 2019, invece, siamo a ventiduemila euro. Il resto, sono solo polemiche strumentali. Non dedico tutto il mio tempo ad aggiornare il portale, solo per questa ragione ai versamenti effettivi non corrispondono ancora tutti i dati on-line”. Anche il vanto dei rimborsi, in tempo di tensioni interne, può diventare strumento di “lotta”.