Gela. Ha ammesso che il motorino lo rubò lui e si assunse le proprie responsabilità, già davanti ai carabinieri che erano sulle tracce del mezzo. Il ventiduenne Giovanni Canotto, da qualche tempo è entrato nel programma di protezione per i collaboratori di giustizia. E’ a processo, davanti al giudice Ersilia Guzzetta. Sentito in videoconferenza, da un sito protetto, ha ribadito la sua scelta. “Sono un collaboratore di giustizia – ha spiegato – mi sono autoaccusato anche di reati, per i quali non ero stato indagato. Sì, è vero, quel motorino l’ho rubato io, insieme ad un ragazzo che era sempre con me. Facevamo questo lavoro”. Difeso dall’avvocato Angelo Tornabene, il giovane collaboratore, che ha già contribuito a far emergere spaccati importanti dei clan locali, tanto che le sue dichiarazioni sono state raccolte nell’inchiesta “Stella cadente”, ha inoltre ricordato alcuni particolari della vicenda successiva al furto.
“Il proprietario del motorino – ha raccontato – era andato dai mafiosi per tentare di riaverlo. Si era rivolto ai Di Giacomo, ma trovò le porte chiuse. Poi, andò a presentare denuncia ai carabinieri”. Canotto, come ha già fatto per reati molto più gravi, si è assunto la responsabilità di questo furto e l’ha spiegato in aula.