Gela. “Quel funzionario di banca sapeva tutto”. L’ammissione arriva da una delle presunte vittime dei prestiti ad usura che i magistrati contestano ai fratelli Roberto e Salvatore Ingegnoso. I due sono sotto processo, insieme ad Onofrio Celona e Concetta Di Pietro, davanti alla corte presieduta dal giudice Paolo Fiore.
“Per cercare di ripianare i prestiti concessi alla nostra azienda – ha spiegato lo stesso ex imprenditore – ci rivolgemmo anche a due istituti di credito della città. In uno di questi, mi accompagnò proprio Roberto Ingegnoso perché conosceva molto bene un funzionario. Era lui stesso ad avvertire Ingegnoso quando i bonifici arrivavano sui nostri conti di modo da poterli girare per ripianare il debito contratto”.
Il testimone sentito in aula ha risposto alle domande formulate dal pubblico ministero Lucia Lotti e dai legali di difesa, Flavio Sinatra e Rocco La Placa. Stando al teste, inoltre, il pagamento totale effettuato per rientrare dai presunti prestiti ad usura si sarebbe aggirato intorno agli ottocentomila euro, tutti versati in favore di Roberto Ingegnoso. Il tasso mensile previsto sarebbe stato del dieci percento.
L’avvocato Flavio Sinatra, però, ha decisamente contestato la versione fornita dalla presunta vittima. Il legale ha descritto l’effettuazione di una vasta verifica fiscale condotta dai militari della guardia di finanza sui libri contabili dell’azienda edile del testimone sentito.
“E’ vero – ha chiesto – che nel periodo in cui sorsero le difficoltà economiche della vostra azienda comunque lei e i suoi soci utilizzavate automobili di grossa cilindrata ottenute in leasing a circa cinquemila euro al mese?”. La presunta vittima del giro d’usura ha confermato il particolare delle automobili sollevato proprio dall’avvocato difensore.