Gela. “La responsabilità di Orazio e Paolo Di Giacomo è più che evidente. Il prestito ad usura da ventimila euro concesso al titolare di un’azienda metalmeccanica e al padre doveva essere restituito con interessi che aumentavano mese dopo mese”.
Per queste ragioni, il pubblico ministero Elisa Calanducci ha chiesto la condanna a dieci anni di reclusione per Orazio Di Giacomo; due anni e nove mesi, invece, per il figlio Paolo Quinto. Sono accusati d’usura, tentata estorsione, lesioni e minacce.
“Per ottenere il denaro e gli interessi – ha proseguito il pm – erano disposti a tutto. Non solo telefonate e visite all’abitazione di famiglia ma anche il lancio di una molotov contro l’ingresso dello stabile abitato dai loro debitori. Orazio Di Giacomo fece credere alla madre dell’imprenditore di averla acquistata per circa cinquemila euro. Inoltre, il padre del titolare della società sottoposta ad usura venne picchiato e cosparso di liquido infiammabile”.
Orazio e Paolo Quinto Di Giacomo, difesi dagli avvocati Michele Micalizzi e Giovanni Lomonaco, hanno sempre respinto le accuse.
“Hanno costretto i loro debitori ad affrontare un vero e proprio clima di terrore – ha continuato il magistrato Elisa Calanducci – la famiglia dell’imprenditore ha perso tutto per rispondere alle richieste e si trova in evidenti difficoltà economiche”.
Il magistrato ha escluso qualsiasi fondatezza, invece, rispetto alle dichiarazioni rese dagli ultimi due testimoni portati in aula dalla difesa. Gli avvocati Michele Micalizzi e Giovanni Lomonaco, invece, hanno deciso di concludere per i loro assistiti durante la prossima udienza già fissata per il 24 aprile.