Gela. Condizioni di vita precarie e, così, anche tra le celle del carcere di contrada Balate, non mancano vere e proprie situazioni al limite. I detenuti che arrivano nella struttura inaugurata solo lo scorso anno, per la maggior parte, non hanno neanche il supporto dei loro familiari.
Da mesi, ormai, i volontari della comunità di Sant’Egidio visitano settimanalmente la casa circondariale.
Hanno avviato un corso di scrittura che, tra qualche tempo, potrebbe trasformarsi in una vasta raccolta di poesie scritte proprio dai ristretti di Balate. “E’ innegabile – spiega Selenia La Spina – che qualsiasi carcere nasconda al suo interno realtà di vita decisamente complesse. Insieme alle altre volontarie, abbiamo deciso, dopo aver ottenuto tutte le necessarie autorizzazioni, di garantire una mano d’aiuto agli stessi detenuti e agli operatori che sono stati assegnati al carcere di contrada Balate”.
I volontari, in questo modo, si confrontano quasi quotidianamente con i detenuti e i corsi organizzati servono anche ad una prima alfabetizzazione.
“Attraverso la comunità di Sant’Egidio – continua la volontaria – ci siamo focalizzati sul supporto ai detenuti. Sotto questo profilo, siamo tra i primi in Sicilia. Adesso, stiamo raccogliendo i fondi necessari alla copertura delle spese per la stampa di quella che, si spera, possa diventare una raccolta di poesie scritte da chi il carcere è costretto a viverlo ogni ora”.
I volontari locali continuano ad essere appoggiati dai fondatori della comunità di Sant’Egidio che fanno base a Roma. “Il lavoro svolto dal gruppo attivo in questa città – spiega don Alessandro Romani – ci ha subito colpito. L’obiettivo è molto semplice. Non si tratta soltanto di sostenere gli ultimi, gli emarginati ma, soprattutto, di evitare una strumentalizzazione della povertà. Abbiamo capito che questi volontari hanno la forte intenzione di radicarsi sul territorio e, sicuramente, il carcere deve essere un luogo da non trascurare”.
Diversi detenuti hanno scelto di partecipare ai corsi organizzati tra i corridoi del carcere di contrada Balate.
“Attualmente – conclude Selenia La Spina – ci sono stranieri ma anche italiani. Ci siamo accorti che, in alcuni casi, la povertà è estrema, tanto da non consentirgli neanche l’acquisto dei beni di prima necessità”.